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Meglio clandestini? Un botta e risposta

Un articolo sul Corriere fiorentino (edizione locale del Corriere della sera) commenta l'adesione di Caludio Martini, presidente della regione Toscana, alla nostra campagna e la mette in discussione, sbeffeggiandola. L'articolo di Alberto Severi e le risposte di Giuseppe Faso e Carlo Gubitosa
28 marzo 2009

Ecco l'articolo uscito sul Corriere fiorentino del 19 marzo 2009, a firma Alberto Severi.

Clandestini? Diversamente regolari

Ma tant'è: il razzismo covava in noi, e trovava sfogo lessicale involontario, uso lapsus. Per fortuna ci apre gli occhi il governatore della Toscana, Claudio Martini, facendo propria e diramando con la stringenza di una direttiva, una proposta già avanzata dal Gruppo Giornalisti contro il razzismo. Basta, smettiamola di usare «clandestino»! Viene dal latino «clam» e dal latino «dies»: di nascosto dal giorno. Denota attitudini losche, lesive della dignità di quanti stanno faticosamente cercando, alla luce del sole, di regolarizzare la propria posizione. Sarà. A noi, invece, la parola «clandestino» stava, e sta, simpatica. Non solo per la canzone con cui Manu Chao, nel '98, le conferì, per paradosso, una connotazione positiva: un giochetto semantico già riuscito, in campo artistico, agli impressionisti, o ai fauves, che trasformarono la critica dei detrattori in orgogliosa affermazione identitaria. Ma non andiamo troppo sul raffinato.

 «Clandestino » ci sta simpatica perché ci ricorda gli amori clandestini (i più emozionanti), i passeggeri clandestini dei romanzi d'avventura, la Carboneria, il «Diario clandestino » di Guareschi. E poi scusate, quali sarebbero le alternative? «Sans papier», in francese suona bene, la solita classe d'Oltralpe. Ma la traduzione «senza carta» non è all'altezza. L'Onu suggerisce: «Non document migrant workers». Ottimo. Pregnante, sintetico, fantastico per un titolo: nove colonne per un soggetto. Quanto alle proposte dei Giornalisti contro il razzismo, colleghi, un paio («illegali» e «irregolari») ci sembrano la classica brace rispetto alla padella. «Rifugiati» e «richiedenti asilo » sono troppo specifiche. «Migranti » è troppo generica. «Lavoratori senza documenti» è la traduzione letterale, e altrettanto goffa, della proposta Onu.

La stucchevole ipocrisia del politically correct può fare di meglio, anzi, di peggio: «diversamente regolari», «portatori temporanei di mancata concessione di soggiorno», «non esibenti al momento documentazione idonea »... Sapete cosa? Sia lode alla collega del Tg3 nazionale, che, in sprezzo alla pelosa edulcorazione del «non più participio» (non vedente, non udente, eccetera), annuncia, a seguire, con robusto accento romanesco, «er tiggì pe' e persone sorde».

Autore: Alberto Severi (Corriere fiorentino, 19 marzo 2009)

 

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