Alessandro Gazoia, noto anche con lo pseudonimo "Jumpinshark" ha pubblicato per Minimum Fax un ebook intitolato "Il Web e l'arte della manutenzione della notizia", nel quale mi fa l'onore di una esplicita menzione, segnalando quella che a suo dire sarebbe una contraddizione o un cambiamento di prospettiva nel corso degli anni.
Ma andiamo per ordine. Ecco un estratto del libro:
Se ti senti una ostetrica che partorisce un nuovo giornalismo, sappi che sei solo il becchino che sta scavando la fossa a quello vecchio. Caro blogger che su Facebook dichiari con orgoglio "me ne frego se non mi pagano. finché posso esprimere ciò che penso senza vincoli, e finché qualcuno mi legge e magari apprezza quello che scrivo". [...] il tuo hobbismo che se ne frega del salario per le ragioni più varie è una seria minaccia alla sopravvivenza di gente che fino a ieri viveva col valore dei propri scritti e oggi stenta a mettere insieme una paga decente perché sono arrivati in massa sulla rete persone come te che lavorano gratis pur di mettersi in vetrina.
Lo stesso autore in un libro del 2005, Elogio della pirateria, pubblicato con licenza Creative Commons e liberamente (gratuitamente) scaricabile, su questioni collegate scriveva cose come:
La libera circolazione delle idee, anche quando avviene in forma spontanea o gratuita, riesce sempre e comunque a produrre un vantaggio per chi ha dato vita a quelle idee, anche se questo vantaggio è indiretto e non immediato" e "La pirateria culturale, ovvero la sottrazione di tutte le forme d'arte all'economia di mercato per trasformarle in gemme preziose nell'economia della conoscenza, è uno strumento indispensabile per la produzione di idee. Le buone idee e le creazioni artistiche non amano stare da sole, né amano che qualcuno le prostituisca affidandole solo a chi può permettersi di pagarle. Nessuno ha interesse a chiudere nella gabbia del copyright le proprie idee e la propria arte.
Non voglio dare l'impressione di cercare facili ironie o polemiche con Gubitosa, giornalista che seguo da anni. I due scritti, e i loro opposti eccessi, mi sembrano invece riflettere, con drammatica serietà e ben oltre il caso singolo, quanto lo sproporzionato ottimismo sull'economia alternativa, virtuosa e solidale di internet, regno della libera e condivisa conoscenza, sia venuto meno e anzi quanto si sia ormai vicini, in testi come l'appello sopra riportato, a un completo ribaltamento, che andrà interpretato anche nel contesto più ampio dell'Italia in crisi.
Ecco qui le pagine in questione, dalla 228 alla 230:
Il web e l'arte della manutenzione della notizia - pag. 228
Il web e l'arte della manutenzione della notizia - pag. 229
Il web e l'arte della manutenzione della notizia - pag. 230
Visto che a quanto pare fatico a farmi capire, provo a spiegarmi meglio andando per punti.
1 - Ognuno e' libero di scrivere, programmare, fare musica e creare opere dell'ingegno come gli pare, regalandole se lo ritiene opportuno.
2 - Ma nel caso particolare della scrittura giornalistica se queste libere attivita' rientrano nel piano editoriale di una azienda dove il "core business" e' l'informazione, secondo me bisogna chiedersi chi e' che fa soldi con la nostra scrittura gratuita, e pretendere un compenso per attivita' che generano un profitto, anche se questo profitto e' indiretto, e generato attraverso la pubblicita' online.
3 - Il mio articolo contro il "dumping giornalistico" l'ho scritto effettivamente gratis, ma a differenza di quanto afferma Gazoia
l'ho scritto per il mio sito giornalismi.info e non per il blog LSDI.IT, che aveva comunque il diritto di ripubblicarlo visto che il materiale sul mio sito e' liberamente utilizzabile per scopi non commerciali, e infatti LSDI e' una organizzazione no-profit.
4 - Continuo a sottoscrivere quello che ho scritto nel libro "Elogio della pirateria", ma questo non mi impedisce di criticare gli editori furbetti che sfruttano il lavoro gratuito e gli scrittori fessacchiotti che fanno guadagnare alcuni e svalutano il lavoro di tanti mettendosi al servizio di un padrone al quale si chiede solo visibilita' e pubblicita' e non salario. Quello che mi sembra pernicioso, non e' la libera scrittura, ma il suo sfruttamento a scopo di lucro senza riconoscere allo scrittore una parte dei profitti.
5 - Per capire dove si puo' scrivere gratis senza far danno e dove invece e' sconsigliabile basta rispondere alla domanda: questo mio lavoro di scrittura avra' come effetto anche indiretto un profitto per qualcuno? Se la risposta e' si', e il salario e' pari a zero, per me la cosa piu' etica da fare e' lasciar perdere. Poi ognuno ha l'etica e la morale che preferisce.
6 - Il mio "ottimismo sull'economia alternativa" della rete non e' affatto venuto meno, anzi e' rafforzato dal fatto che un mio scritto realizzato per il gusto del ragionamento e della scrittura e' stato citato nel libro di Gazoia, aumentando cosi' il valore della mia firma proporzionale al numero di persone che hanno letto cose scritte da me. Ma se qualcuno vuole fare il furbo e cerca di inserire quel valore in un progetto editoriale con fine di lucro, deve mettere in conto un compenso, proprio perche' il valore che acquista la mia libera scrittura in ambiti no-profit giustifica la mia richiesta di una retribuzione se a chiedermi di scrivere e' una organizzazione for-profit.
7 - Diversamente,
gratis per gratis, scrivo per me stesso, decidendo non solo i contenuti del mio scritto, ma anche la forma e il contesto editoriale. Ed e' esattamente quello che ho fatto fondando
la rivista Mamma! di giornalismo a fumetti.
Spero con questo di essermi spiegato meglio: a differenza di quanto sostiene Gazoia non mi sembra che ci sia incoerenza tra il mio "Elogio della pirateria" e le mie posizioni attuali di contrasto al profitto illecito che nasce dal dumping editoriale. Sara' che mi sono spiegato male.
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