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Benvenuti!

Questo sito e' un contenitore di materiale vario senza nessuna organizzazione logica. L'artigiano di questa fabbrica di parole e' Carlo Gubitosa: scrittore compulsivo, sedicente ingegnere, appassionato di cause perse e tecnofilo cronico.

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La mia terra la difendo

La mia terra la difendo
Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

La mia terra la difendo

La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
Carlo Gubitosa

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Guerra, razzismo, P2 e marchette: un atto d’accusa ai giornalisti VIP

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Se siete a caccia di pennivendoli famosi con le mani sporche di guerra, marchette, p2 e razzismo anziche' di inchiostro, questo e' il libro che fa per voi. Il consiglio e' disinteressato: io non ci guadagno niente sul venduto perche' mi pagano a forfait, lo dico per quelli che hanno problemi di schiena a tenere in mano un pesante tomo di Travaglio e vogliono qualcosa di piu' agile da leggere in bagno.
12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Il giornalismo, professione che diventa hobby

Appello a chi scrive gratis tanto per farsi leggere: e' il momento di smetterla.

Se ti senti una ostetrica che partorisce un nuovo giornalismo, sappi che sei solo il becchino che sta scavando la fossa a quello vecchio.
26 settembre 2012 - Carlo Gubitosa

Giornalismo

Caro blogger che su Facebook dichiari con orgoglio "me ne frego se non mi pagano. finché posso esprimere ciò che penso senza vincoli, e finché qualcuno mi legge e magari apprezza quello che scrivo".
 
Voglio dirti una cosa col cuore in mano: anche a me e' capitato di scrivere gratis per questo maledetto prurito alle mani che mi perseguita da una ventina d'anni, e perche' il piacere di pubblicare un editoriale su un quotidiano nazionale puo' mettere in ombra il compenso che ne corrisponde. Ma poi ho cominciato a interrogarmi sulla responsabilita' sociale delle mie azioni.
 
E sono arrivato alla conclusione che i ragionamenti come quello che fai tu, e che purtroppo ho fatto anche io in passato, hanno fatto crollare il valore della professione giornalistica negli ultimi 5 anni da 100 euro a pezzo (quanto prendevo io nel 2003 per scrivere articoli da freelance sul sito di un grande gruppo editoriale) a zero.
 
Questo dato non possiamo piu' permetterci di ignorarlo. Non mi illudo che si possa rispolverare la "lotta di classe" per farsi valere come categoria professionale, ma almeno si potrebbe concordare sul fatto che il lavoro gratuito che genera profitto per altri e' cosa negativa che non danneggia solamente chi lo pratica. Si puo' discutere sui due euro a pezzo che a volte scendono a pochi centesimi, e possiamo farlo misurando i rapporti di forza tra editori e giornalisti, che non sono mai stati cosi' sbilanciati come in questa stagione del giornalismo. Ma sul fatto che un compenso pari a zero non sia accettabile non ci dovrebbe nemmeno essere discussione. Quantomeno non tra giornalisti.
 
Vorrei poi capire perche' non ti interessa la paga per  cio' che scrivi su un portale dove poi faranno centinaia di migliaia di euro di profitti con i contatti che gli porterai anche tu. Sei di nobili discendenze? Sei ricco di famiglia? Vivi ancora con mamma e papa'? In ogni caso il tuo hobbismo che se ne frega del salario per le ragioni piu' varie e' una seria minaccia alla sopravvivenza di gente che fino a ieri viveva col valore dei propri scritti e oggi stenta a mettere insieme una paga decente perche' sono arrivati in massa sulla rete persone come te che lavorano gratis pur di mettersi in vetrina.
 
Ma in ogni caso non credo che la responsabilita' piu' grave sia quella di chi ragiona come fai tu e come facevo anch'io in passato con responsabilita' che all'epoca non percepivo: le omissioni piu' pesanti sono quelle di un sindacato che ha accettato un contratto di lavoro dove i freelance del web semplicemente non esistono, lo stesso sindacato che dovrebbe denunciare per esercizio abusivo della professione i portali registrati come testate giornalistiche che fanno profitti pubblicitari o di altra natura sfruttando il lavoro gratuito di anime belle.
 
Persone che amano considerarsi "scrittori puri" amanti dell'arte per l'arte e lontani dalla preoccupazione della vil pecunia, mentre in realta' sono solo pedine di un nuovo tecnocapitalismo che monetizza sugli aggregatori la tua voglia di farti leggere, monetizza su facebook la nostra voglia di farci i fatti degli altri e i nostri dati personali, monetizza la voglia dei lettori di sentirsi alla moda cliccando sul portale piu' in voga del momento  per sapere di cosa discutere poi al bar o su twitter. Se ti senti una ostetrica che partorisce un nuovo giornalismo, sappi che sei solo il becchino che sta scavando la fossa a quello vecchio. 
 
Ti chiedo soltanto una cortesia: cerca di lavorare sulla tua autostima per capire qual e' vero valore che vuoi dare a quello che scrivi. Per i tuoi lettori potrai valere anche quanto Hemingway, ma per un editore se ti fai pagare zero varrai sempre zero.  E tu quanto vali per te stesso, indipendentemente dal fatto di avere dieci o diecimila click sui tuoi articoli?
 
Vai a vedere gli articoli che i quotidiani di carta pubblicano sulle loro pagine, pagando (nella maggior parte dei casi) chi li scrive, e fatti un'idea del valore editoriale che hanno quei contenuti, passando dai pennivendoli strapagati ai cronisti piu' umili. Decidi se tu e la tua scrittura libera valete almeno quanto loro, oppure meno di loro.
 
Se ti convincerai che tu vali almeno quanto il cronista piu' umile pagato da un quotidiano pochi euro al pezzo, smettila di scrivere gratis sui portali degli altri, e scrivi solo per chi ti garantisce un compenso adeguato. Se invece ne concluderai che vali di meno, smettila di scrivere e basta. 
 
Il nostro mondo non sara' di certo peggiore se scritti di scarso valore rimarranno confinati sui blog personali dei loro autore, e se pensi veramente di essere bravo a scrivere il tuo mondo potra' solo essere migliore se darai il giusto valore (anche economico) al tuo lavoro di scrittura.
Spassionatamente.
Carlo Gubitosa

 

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