La valle si ribella PARTE 4: LE RAGIONI DELLA PROTESTA
Parte IV: Il corteo, tra grandi assenti e dichiarazioni al vetriolo
Arrivati a Chiomonte, le famiglie e i manifestanti si abbeverano alla storica fontana di pietra e si accampano all'ombra nei pressi del campo sportivo, dove un capannello di persone si raduna attorno al megafono che dà voce agli interventi finali.
Nessun palco, amplificazione ridotta al minimo indispensabile, e prima che qualcuno cominci a parlare non si capisce bene se questi interventi ci saranno o meno. In compenso questa assenza di supporto da parte dell'amministrazione PDL di Chiomonte dà agli interventi di chiusura il gusto informale di un grande happening, con la gente seduta nel prato ad ascoltare informazioni difficili da trovare altrove.
La serie di interventi è aperta da Sandro Plano, il presidente della Comunità Montana di Val Susa e Val Sangone, che al netto degli scontri che esploderanno qualche ora più tardi prova a tirare le prime somme parziali dell'iniziativa: "con la vostra presenza siamo riusciti a dimostrare che su di noi dicevano menzogne, che non è vero che siamo quattro gatti e tre sindaci, E' vero invece che non ci sono i soldi per finanziare la TAV, che non ci sono soldi per le compensazioni, che questo governo non è un interlocutore affidabile perché promette cose che poi non mette nella Finanziaria. Siamo stanchi di queste prese in giro".
Dario Fracchia, sindaco di Sant'Ambrogio di Torino, rincara la dose: "la Tav è una truffa per accontentare qualche impresa legata ai vari partiti. Non è una battaglia per il proprio cortile, ma una lotta per la democrazia in Italia".
Per Nicoletta Cerrato, assessore a Rivalta di Torino, "quello sulla Tav non è un pregiudizio, ma un giudizio basato su dati di fatto". Uno dei presenti mi osserva mentre prendo appunti, e mi racconta che i problemi della Cerrato sono cominciati quando ha iniziato la sua battaglia politica contro la Tav, che alcuni collegano alla sua rimozione dal ruolo di Vicesindaco a quello di assessore alla Cultura e ai Giovani. A quanto pare, opporsi alle grandi opere non è molto di moda tra la gente che conta. Neppure a sinistra.
Ancora una volta va registrata l'assenza totale di un qualsivoglia rappresentante istituzionale di "grado" superiore a quello di amministratore comunale, con l'eccezione di Gianni Vattimo, europarlamentare torinese IDV fuoriuscito dai DS che a Chiomonte "gioca in casa", e spiega che "in Europa stiamo lanciando segnali di allarme per questa operazione truffa che costringerà lo Stato italiano a chiedere soldi in prestito alle banche. Il problema è che l'Italia è in mano alla Mafia, a cominciare dal Parlamento".
Dichiarazioni coraggiose e buonissime intenzioni, da mettere a confronto con quelle rilasciate nelle ore successive alla manifestazione del "dipietrista" Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera proprio di quel parlamento che a detta di Vattimo sembrerebbe in mano alla Mafia: "la Tav è un'opera strategica - ha detto Donadi - e come tale si deve fare e si farà". Con buona pace di Vattimo, per Donadi "è giunto il momento di spostare il piano della trattativa dal se al come realizzare l'opera".
Ma in quel prato i giochi di palazzo e le dichiarazioni degli uomini di apparato sembrano lontani anni luce, e l'unico potere che manifesta la sua forza è quello dell'indignazione popolare, il potere di chi ha scelto di mettere il suo granello di sabbia sulla bilancia della storia.
Gli amministratori locali mi mostrano anche una interessante tabella con i costi della militarizzazione del territorio. Si calcola che per il 2011 saranno 1920 gli agenti distaccati sui cantieri TAV, mentre finora erano stati soltanto 428 i poliziotti sottratti dai signori dell'edilizia alla lotta contro la criminalita' organizzata. Queste truppe stanziali ci costeranno oltre 185 milioni di euro nel solo 2011, con cifre che andranno via via lievitando nei decenni necessari a completare i lavori.
Il microfono passa a Giorgio Cremaschi della FIOM, che illustra la sua visione di sviluppo delle infrastrutture: "non servono grandi opere - dice Cremaschi - ma piccole opere, ristrutturazione di scuole, ospedali e servizi che servono a tutti e non solo a far arricchire pochi. Ma c'è un palazzo sordo, e allora dobbiamo mobilitarci assieme a tutti quelli che ci credono".
E' poi il turno di Beppe Grillo, che prima di parlare al campo sportivo aveva incontrato i manifestanti alla centrale elettrica, e sui giornali del giorno seguente verrà descritto più o meno come l'ideologo delle nuove BR.
Ma nel prato di Chiomonte l'"antipolitico" ragiona su possibili alternative politiche alla violenza che nessun organo di informazione ritiene opportuno riportare. E proprio dall'informazione parte l'intervento di Grillo: "Sulla TAV l'Espresso e Mediaset hanno le stesse posizioni, come le avevano sull'acqua e il nucleare. I partiti sono finiti, sono morti, sono comitati d'affari, e allora l'unico modo di rapportarsi con lo Stato è interagire con i poliziotti antisommossa. Ma vorrei consigliarvi delle strategie di lotta alternative allo scontro frontale. Su Internet abbiamo predisposto una lettera da inviare online al Commissario Europeo per i trasporti [Siim Kallas, ndr] e se non interverrà su questa questione compreremo una pagina del quotidiano locale del suo paese per sputtanarlo".
Grillo scende anche nel merito dei rapporti con le forze di Polizia: "il problema dei poliziotti è che obbediscono a leggi ingiuste, ma per me le leggi ingiuste vanno violate. Gli strumenti per evitare lo scontro potrebbero essere tanti, come i codici identificativi sulle divise oppure referendum propositivi senza quorum. Se avessimo qualcuno di questi strumenti - prosegue Grillo - gli scontri non ci sarebbero. Vedere anziani che piangono per i lacrimogeni e poliziotti che cagano nelle tende dei manifestanti non ha precedenti nella storia di questo paese. Che vadano a manganellare i piduisti o i criminali che stanno in Parlamento".
Ma una ragazza interrompe l'intervento di Beppe Grillo con una comunicazione di servizio: "alla centrale elettrica gli scontri stanno diventando più intensi. Ognuno decida liberamente secondo coscienza se è il caso di andare lì". Senza pensarci troppo, chiudo il taccuino e mentre Grillo termina il suo intervento al Campo Sportivo, mi avvio verso la centrale elettrica.
(Fine IV parte - continua)
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