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Questo sito e' un contenitore di materiale vario senza nessuna organizzazione logica. L'artigiano di questa fabbrica di parole e' Carlo Gubitosa: scrittore compulsivo, sedicente ingegnere, appassionato di cause perse e tecnofilo cronico.

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La mia terra la difendo

La mia terra la difendo
Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

La mia terra la difendo

La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
Carlo Gubitosa

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Guerra, razzismo, P2 e marchette: un atto d’accusa ai giornalisti VIP

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Se siete a caccia di pennivendoli famosi con le mani sporche di guerra, marchette, p2 e razzismo anziche' di inchiostro, questo e' il libro che fa per voi. Il consiglio e' disinteressato: io non ci guadagno niente sul venduto perche' mi pagano a forfait, lo dico per quelli che hanno problemi di schiena a tenere in mano un pesante tomo di Travaglio e vogliono qualcosa di piu' agile da leggere in bagno.
12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Val Susa: La rabbia e l'orgoglio di un popolo in rivolta

La valle si ribella PARTE 3: I "BUONI" E I "CATTIVI"

La mia esperienza di "autoinviato" tra i manifestanti No-Tav.
4 luglio 2011 - Carlo Gubitosa

Parte III - Tre luglio, mattina: il corteo raggiunge Chiomonte.

Mentre il corteo si snoda nella sua magnifica cornice naturale, prende la parola Sandro Plano, il presidente della Comunità Montana della Val Susa e della Val Sangone, che conta 23 sindaci su 43 contrari alla Tav e presenti alla manifestazione con la fascia tricolore. I limiti e le responsabilità politiche dell'iniziativa vengono tracciati da Plano con estrema chiarezza, spiegando ai presenti e alla stampa che "siamo qui per dimostrare la nostra contrarietà alla TAV nel rispetto delle regole e delle leggi". Un concetto che verrà ribadito anche all'arrivo durante la serie di comizi organizzati a lato del campo sportivo "la nostra iniziativa è l'unica che ha una autorizzazione ufficiale del corteo, per tutto il resto ognuno si assumerà le sue responsabilità".

Una presa di distanza fin troppo netta, comunque una scelta obbligata dall'assenza totale di qualsivoglia parlamentare che avrebbe potuto fare da cuscinetto e da mediatore tra i gruppi di assedianti "non autorizzati". Ma la scelta di Fassino, Bersani, Vendola, Di Pietro e altri leader che si propongono come alternativa al potere in carica è stata quella di abbandonare a se stesso quello sparuto gruppo di 23 sindaci, che istituzionalmente non poteva fare altro che prendere le distanze da qualunque azione non concordata e tenere le dita incrociate.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali e delle distanze politiche, a livello umano le distanze sono state molto più strette, e il clima che si respirava era di grande solidarietà. Ho visto personalmente Sandro Plano raggiungere il blocco della centrale idroelettrica durante gli scontri, per verificare la situazione e le condizioni dei manifestanti, a conferma di un impegno personale che prescinde dai confini tracciati come rappresentante istituzionale.

A posteriori, le cronache riportano che il sindaco PDL Renzo Pinardi di Chiomonte ha chiesto la testa di Plano e lo scioglimento della Comunità Montana delle due Valli "colpevole" di aver dato voce ai propri cittadini: "la Comunità va sciolta - dice Pinardi - ha fallito, si è fatta sfuggire di mano la situazione. I sindaci No Tav guidano proteste a mio avviso giustissime ma non possono portarsi dietro certa gente, perché i fatti di ieri sono gravissimi e fomentano ormai un clima di astio e di odio che si respira in tutta la Valle anche tra la gente comune".

Sarà, ma io dal mio personalissimo osservatorio l'unico astio verso le istituzioni l'ho percepito a Chiomonte e proprio verso Pinardi, quando il corteo autorizzato doveva attraversare un tratto di statale in curva per raggiungere il campo sportivo. I vigili urbani di Chiomonte erano assenti, e nello sdegno dei presenti per questa cattiva organizzazione (interpretata da alcuni come un intenzionale boicottaggio) ho visto con i miei occhi alcuni degli amministratori locali che partecipavano alla manifestazione sono stati costretti a improvvisarsi controllori del traffico automobilistico con la fascia tricolore al braccio, per sopperire alle carenze organizzative di Pinardi e consentire al corteo di defluire in sicurezza.

In corteo i "forestieri" marciano in un clima rilassato, mentre camminando tra i valsusini si respira una tensione impalpabile. Gli scontri dei giorni precedenti bruciano ancora, e non solo tra gli adulti. Un bambino che avrà avuto meno di dieci anni chiede a un altro "ma tu non hai paura?", gli sguardi erano attenti e vigili, e una signora che si è alzata di buon'ora per preparare del caffè da distribuire a offerta libera scoppia improvvisamente a piangere mentre condivide con me il ricordo della sua esperienza in mezzo ai lacrimogeni.

Arrivio al bivio dove il corteo si divide: il grosso dei manifestanti seguirà il percorso ufficiale, mentre un gruppo più ristretto prenderà la strada che porta verso Ramats, con l'obiettivo di forzare il blocco dei terreni. Ma io sono qui per fare foto e osservare, e più di una volta mi è capitato di dover litigare con sedicenti libertari che volevano limitare il mio diritto di cronaca in una pubblica manifestazione.

Stavolta invece tocca a un cameraman innescare un diverbio con alcuni manifestanti del blocco antagonista, e di fronte ad episodi come questo la mia scelta è ancora più chiara: starò col corteo autorizzato. Chi non vuole le mie foto non le merita.

Il corteo prosegue senza problemi, e arrivati allo sbarramento della centrale elettrica, troviamo Alberto Perino, il leader della protesta nonviolenta dei valsusini, che cerca di far defluire il corteo per evitare che si crei un "tappo" proprio all'altezza della barriera. E la memoria torna di nuovo a Genova, con il corteo internazionale del 21 luglio spezzato in due da un fronte di scontro, e le conseguente cariche sui manifestanti rimasti isolati dalla testa del corteo. Fortunatamente le mie paure si riveleranno infondate: evidentemente il G8 deve aver insegnato qualcosa anche alle forze dell'ordine e al fronte più radicale della protesta, perché fino al completo deflusso del corteo ufficiale diretto a Chiomonte, nei pressi di quella barriera non si muove una foglia. Dopo, sarà un altro discorso.

(Fine III parte - continua)

Alberto Perino, leader della protesta No-Tav


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