La valle si ribella PARTE 1: I "WHITE BLOCK"
Parte I - 2 luglio: i "white block" assediano la cattedrale
In questo caldissimo luglio ad alta velocità di repressione, decido di "autoinviarmi" in Val di Susa per osservare con i miei occhi un fenomeno di resistenza popolare che interpella le coscienze di tutto il paese, chiamato a scegliere tra il disinteresse e l'impegno a difesa dei beni comuni.
E' così che mi metto in macchina e il giorno prima degli scontri scopro che le prime "barricate" di protesta sono già state innalzate lontano dai cantieri. A Susa, in pieno centro e proprio davanti alla cattedrale osservo barricate simboliche, fatte di striscioni, chitarre, ramoscelli di lavanda distribuiti ai presenti, testi e canti per pregare e meditare.
Dietro questo "assedio" della sede vescovile c'è la mano del gruppo "Cattolici per la vita della Valle", che la sera di sabato 2 giugno ha voluto pregare per chiedere "Giustizia, pace e salvaguardia del creato", con particolare attenzione verso quella parte del creato che rischia di essere devastata dal progetto TAV.
"Questa lotta ci ha insegnato a stare assieme - racconta Eugenio, uno dei partecipanti alla Veglia -. Abbiamo imparato a superare i recinti dei vari gruppi, ed è dal dialogo che nasce la nostra forza".
La veglia è guidata da Don Michele Dosio, che ha alle spalle un passato di prete operaio ed esperienze di "chiesa popolare" a Torino. "Siamo determinati a portare questa lotta fino in fondo - spiega Don Michele - ma siccome siamo credenti, oggi pregheremo anche per chi non la pensa come noi".
A margine dei canti e delle letture, la veglia è stata segnata anche dal conflitto con il vescovo di Susa, Monsignor Alfonso Badini Confalonieri (membro del Consiglio per gli affari economici della CEI) che ha negato l'utilizzo della Cattedrale costringendo il gruppo a pregare all'esterno.
Un divieto che ha "dato scandalo" a molti fedeli, anche in considerazione del contrastante "via libera" ricevuto dal parroco della Cattedrale don Ettore de Faveri, che pure avrebbe dovuto avere un suo "peso politico" in quanto direttore della rivista diocesana.
Una signora presente all'evento non riesce a trattenersi, e si avvicina a don Ettore: "sono arrabbiatissima, scriverò una lettera al Vescovo". Don Michele guarda il bicchiere mezzo pieno e durante la veglia spiega che "non è un caso se siamo qui a pregare fuori dal tempio: la nostra presenza ha un forte valore simbolico".
Sia come sia, non è la prima volta che il vescovo di Susa si dimostra poco sensibile alle ragioni della protesta, anche a quelle ragioni che affondano le loro radici nei valori del cristianesimo. Già a maggio, in occasione della costruzione di un pilone votivo nel presidio della Maddalena di Chiomonte, Monsignor Badini aveva annunciato la terzietà della sua Curia rispetto alla questione: "sulla Torino-Lione in Valle di Susa c'è libertà di pensiero e di coscienza, perché la Chiesa è di tutti, sia di chi è a favore, sia di chi è contrario alla Tav. E' giusto che la Chiesa non abbia una posizione ufficiale sull'opera perché deve rappresentare tutti".
Detto in altre parole, nonostante il dettato biblico che ci affida la terra come custodi lasciandone la proprietà a Dio, a detta del Vescovo Badini nella Chiesa Cattolica esiste una sorta di "par condicio" tra i "No Tav" e chi sostiene interventi sul territorio che molti credenti potrebbero considerare una violenza "contro natura" dal carattere blasfemo.
Una scelta di "non intervento", quella di Badini, che potrebbe sembrare fin troppo pilatesca, coerente con una Chiesa dove trovano posto i cappellani militari e la nonviolenza francescana, ma comunque è un passo avanti rispetto alle opinioni espresse un paio di anni fa da Severino Poletto, all'epoca arcivescovo di Torino, che spronò apertamente i politici torinesi ad essere più risoluti nella realizzazione della Tav.
L'iniziativa dei "Cattolici per la vita della Valle", le posizioni diverse e conflittuali emerse all'interno della Diocesi e l'esistenza di un fronte "No-Tav" tutto interno alla Curia di Susa non lasceranno traccia nelle cronache dei giorni successivi.
Purtroppo le minoranze di cittadini fanno notizia solo quando tirano sassi, e le minoranze cattoliche fanno notizia solo quando tirano acqua al mulino di qualcuno. Così va a finire che gli unici giornalisti presenti all'evento sono il sottoscritto e una collega che lavora per una rivista Svizzera. Eppure il numero dei presenti era paragonabile a quello dei manifestanti che il giorno dopo sarebbero stati sulle altre barricate, quelle con gli sbarramenti organizzati dal Governo anziché dalla Curia.
Mentre partecipo a questa preghiera spontanea e non riconosciuta dal Vescovo, mi chiedo come sarebbe il mondo se ciascuno facesse il suo mestiere, con i Vescovi che smettono di fare i politicanti e aprono le porte delle chiese per riprendere il loro ruolo di pastori alla guida del popolo di Dio (anche quando è autoconvocato) con i politici che la smettono di fare i chierici investiti da un potere divino e riprendono ad ascoltare con umiltà la voce del popolo italiano, con i poliziotti che smettono di fare le "guardie giurate" delle aziende e riprendono a difendere i cittadini, anche e soprattutto dal malaffare e dalle speculazioni in odore di Mafia.
E con questi pensieri che mi frullano in testa, vado a cenare a Bussoleno, in un noto ritrovo di "facinorosi No-Tav" dove gli unici "preparativi di guerriglia" a cui assisto riguardano la distribuzione di bandiere e fazzoletti col simbolo della protesta. Come "autoinviato" non posso esagerare con la nota spese, e per dormire mi basta parcheggiare la macchina in uno spiazzo tranquillo appena fuori Chiomonte e reclinare il sedile. Sono troppo stanco per scegliere quale spezzone di corteo seguire, e rimando la decisione al giorno dopo.
(Fine prima parte - continua qui)
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