Il rogo di Roma, basta con la demagogia
La morte in un rogo a Roma di quattro bambini rom, in una capanna improvvisata ai lati di una strada, sta riportando in primo piano le spaventose condizioni di vita di migliaia di persone nel nostro paese, con tutto il carico di feroci luoghi comuni, di demagogia, di opportunismo tipico della politica e di molti giornalisti e opinionisti.
La realtà è ben diversa da questi stereotipi. Chi vive nei campi rom italiani, ha una speranza di vita inferiore ai 50 anni, circa trenta in meno degli autoctoni che hanno l'opportunità di vivere in normali abitazioni; i rom sono una fetta di popolazione emarginata e spesso segregata. Molti di loro, specie gli immigrati dall'estero, sono costretti a vivere in condizioni insopportabili, senza avere alcuna prospettiva di miglioramento.
Dopo la tragedia di Roma, è il momento della riflessione e della comprensione, perché la politica possa agire - finalmente - senza gli schematismi e i pregiudizi del passato. Non si tratta di spostare famiglie rom da un campo a un altro, condannandole a un'eterna condizione di emarginazione. Non servono leggi speciali, né altre dichiarazioni di "emergenza rom", secondo l'assurda concezione dell'attuale governo (che vuol dire emergenza rom? Come può un popolo costituire un'emergenza?).
Serve giustizia, serve che i più emarginati siano trattati per quello che sono: persone escluse da tutto, ma titolari di precisi diritti, che vengono però negati, istituzioni pubbliche in testa.
Ai media, in questa fase, spetta il compito di combattere la retorica antirom, di additare gli stereotipi e i pregiudizi per quello che sono, di fare un'opera di conoscenza, rispettando tutte - tutte - le persone. Si tratta di rifiutare il consueto ruolo di supporto alla demagogia del potere.