"Parole sporche", i media devono cambiare
Due anni dopo l'avvio della campagna di Giornalisti contro il razzismo, ecco un libro che ne racconta le radici e prova a scavare nelle cause che rendono i grandi media complici degli "imprenditori politici della xenofobia e del razzismo". L'autore è Lorenzo Guadagnucci, uno dei promotori della campagna.
"Parole sporche" (editore Altreconomia) analizza il comportamento dei maggiori media nell'informazione sull'immigrazione, le minoranze, la cosiddetta emergenza sicurezza e ne denuncia le responsabilità nel diffondere stereotipi negativi e visioni fuorvianti, se non manipolatorie, di fenomeni sociali complessi come le migrazioni, la convivenza fra culture, il ruolo delle minoranze.
Guadagnucci ricorda gli obiettivi della campagna di Gcr: responsabilizzare i singoli operatori dell'informazione a partire dal proprio lessico, invitando ciascuno a usare parole appropriate e rispettose di tutti, rifiutando termini ormai tossici e discriminatori, a cominciare da quelli indicati dalla campagna lanciata da Gcr: clandestino, nomade, zingaro, vu cumprà, extracomunitario.
Un'altra strada promettente per cambiare la deriva xenofoba dei media, è nel consumo critico dell'informazione: i cittadini e la società civile organizzata possono cioè diventare un pungolo per i singoli giornalisti e le rispettive testate. E' quanto fanno soggetti come il Cospe, una ong che ha dedicato uno specifico impegno al ruolo della comunicazione in una società multiculturale, e Articolo 3, l'osservatorio sul razzismo nato a Mantova.
Attraverso lettere, contatti diretti coi cronisti, prese di posizione pubbliche, in certi casi anche esposti all'Ordine dei giornalisti, è possibile contribuire a un cambiamento - un miglioramento - della qualità dell'informazione, un fronte delicatissimo all'interno di una società che è già pluriculturale ma stenta ad ammetterlo.