Un'altra notte sulla gru
Brescia, 5 novembre 2010
Arun, Jimi, Rachid, Sajad, Singh e Abdalla sono ancora sulla gru del cantiere della metropolitana In Piazza Cesare Battisti-Via San Faustino.
Dopo cinque notti oggi è il sesto giorno di protesta.
Sullo stato delle cose sono assolutamente da vedere i video-messaggio del 1 novembre scorso e il secondo, inviato oggi, dai resistenti del presidio sopra la gru.
La manifestazione dei migranti è in atto dal 29 settembre scorso.
Essi chiedono l’attuazione della cosiddetta sanatoria 2009 conosciuta, certamente non dai più, come una regolarizzazione “selettiva”.
Al centro del dibattito politico e nazionale sull’immigrazione, a metà 2009, c’era l’eventualità di una possibile approvazione di un provvedimento di regolarizzazione dei lavoratori non comunitari con annessa individuazione dei relativi requisiti.
A settembre 2009 passa un provvedimento di regolarizzazione: solo per i collaboratori domestici e familiari che, alla data del 30 giugno 2009, avessero un impiego da almeno tre mesi.
Si trattava, a tutti gli effetti, di un provvedimento di emersione di tutti i lavoratori di questo comparto, al di là che fossero non comunitari, comunitari o italiani.
E’ evidente che non si trattava di riconoscere diritti negati per l’irregolarità di donne e uomini soggiornanti nel nostro paese quanto piuttosto del tentativo, neppure tanto malcelato, di ridurre il “sommerso” in quel settore nodale per il sistema di welfare italiano rappresentato dal lavoro domestico e di cura alla persona. Con l’evidente e susseguente, implicita, sanatoria della posizione delle famiglie italiane coinvolte e corresponsabili, a loro volta, di un’eventuale reato di ingresso o di soggiorno irregolare riscontrato a carico di una/un loro “collaboratrice/collaboratore”.
Non c’è stato contemporaneamente, un riconoscimento per i lavoratori di altri settori, s-oggetti di sfruttamento principalmente nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia – le manifestazioni del 1 marzo 2010 lo hanno evidenziato con grande forza e con impatto trasversale in tutta Italia, discriminando, per effetto di questo provvedimento, i diritti e l’accesso ai servizi, favorendo l’esclusione sociale e minando tutti i processi di coesione sociale in atto.
Molti sono stati i filtri e le complessità dell’iter da seguire uniti al bisogno di assistenza per la presentazione delle domande: è stato rilevato, infatti, che il 49,2% delle domande – ovvero quasi la metà – è stata inoltrata tramite associazioni, patronati, comuni e consulenti del lavoro.
Ad un uso improprio dei procedimenti di regolarizzazione, tra cui si annovera, ad esempio, il fatto che circa un terzo di domande nel campo dell’aiuto domestico e di cura familiare siano state inoltrate a favore di membri di collettività poco inclini a questa forma di lavoro, si sono aggiunti casi di “truffa” ai danni dei migranti che hanno pagato cifre considerevoli - sull’ordine di migliaia di euro – a intermediari o a veri o falsi datori di lavoro pur di rientrare nel procedimento.
L’aumento degli oneri a carico del datore di lavoro nel caso di riconoscimento, lo scarso senso civico delle famiglie italiane hanno scoraggiato le procedure di emersione – e in piazza Cesare Battisti incontrerete diverse lavoratrici e lavoratori che ve lo segnalano senza che voi lo chiediate – e le condizioni stabilite dal provvedimento in merito al reddito – l’assunzione di un collaboratore domestico prevedeva un reddito di almeno 25 mila euro, ridotti a 20 mila per un nucleo familiare con un solo percettore di reddito – hanno selezionato, leggi escluso, un buon numero di famiglie italiane e hanno frenato l’avvio delle pratiche.
Per le spese previdenziali, inoltre, nel periodo precedente alla sanatoria, era previsto il versamento di un contributo, forfetario, di 500 euro non rimborsabile in caso di irricevibilità, rigetto o archiviazione della domanda. E’ stata ammessa l’assunzione per un minimo di 20 ore settimanali per le collaboratrici domestiche da un solo datore di lavoro che ha messo in difficoltà le lavoratrici e i lavoratori che ripartivano il loro impegno in più famiglie.
L’indagine del Censis del luglio 2010 su collaborazione domestica e familiare in Italia ha rilevato che 2 lavoratori del settore su 5 lavorano completamente in nero.
Ma allora di che legislazione, di che legalità e di che illegalità si vuol parlare.
Di una REGOLARIZZAZIONE SELETTIVA, delle truffe ai danni dei migranti, delle non risposte, delle risposte non date o delle risposte sbagliate, date o rinviate, si deve parlare.
Di un governo che prima ha raccolto le domande e poi ha mutato le condizioni per l’ottenimento del permesso di soggiorno.
E dei diritti connessi.
A Brescia si sta svolgendo una lotta emblematica e paradigmatica dello stato delle cose in Italia.
Il sindaco a Brescia avrebbe richiamato, come titola il quotidiano Bresciaoggi in prima pagina, al rispetto della legalità.
Come non dargli ragione. A partire dall’alto e dal basso, contemporaneamente.
Le richieste dei migranti sono sempre le stesse: un incontro al ministero, l’autorizzazione di un presidio permanente e le garanzie per i sei sulla gru. I sei sono disposti ad andare fino in fondo: anche a buttarsi nel vuoto nel caso le forze dell’ordine provassero a salire sulla gru.
Mercoledì sono stata al presidio per tre ore.
Si sono alternati momenti di tensione, pochi, piuttosto indotti che agiti dall’interno, a momenti di distensione e di grande condivisione.
I cittadini bresciani si fermano, lanciano uno sguardo in alto, alla gru e ritirano il volantino che viene pacificamente distribuito qui nel quartiere interculturale del Carmine.
Quando arrivo si respira aria composta di lotta e condivisione. Subito trovo Mary, attivista dell’Associazione Diritti per tutti, alla quale chiedo subito un report sullo stato delle cose.
“Siamo ad un punto … fermo praticamente. Loro (i 9 migranti, ndr) sono saliti sabato pomeriggio dopo 31 giorni di presidio davanti alla prefettura. E’ stato richiesto un incontro col Prefetto che non ha mai risposto. Quindi adesso sono spinti dall’esasperazione e sono saliti sulla gru e non hanno nessuna intenzione di scendere. Vogliono una risposta precisa: vogliono il permesso di soggiorno perché loro hanno pagato fior fior di soldi e quindi hanno diritto al permesso di soggiorno.”
Le chiedo qual è la posizione di Diritti per tutti. ” E’ un ‘associazione che si batte per i diritti degli immigrati. Noi li appoggiamo nel senso che seguiamo la lotta. Ci occupiamo di far avere loro da mangiare e indumenti caldi … ma anche la gente è molto solidale.”
Come andrà a finire, le chiedo. ” Proprio non lo so … non lo so!”
Mary mi presenta Mohammed, da tutti come Mimmo, è il leader della manifestazione, che potrei definire un negoziatore. Parla bene l’italiano e un sorriso illumina il suo volto. Accetta che gli faccia alcune domande.
Non sono minimamente convinti della proposta ricevuta dal Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico. E’ stato chiesto loro di scendere prima dalla gru e poi potrà cominciare il dialogo. Con la promessa della concessione di un nuovo presidio per quindici giorni in un luogo imprecisato della città e l’apertura di un tavolo di lavoro-discussione dai contenuti e dai confini imprecisati.
E un ultimatum. L’ultimatum è scaduto alle 8 di mercoledì mattina.
La scelta.
” I ragazzi hanno scelto di non scendere. Attendiamo una risposta positiva alle nostre richieste. Se loro useranno la violenza la useremo anche noi. I ragazzi sulla gru dicono di aver imparato la violenza dalla polizia italiana.”
Gli chiedo come hanno reagito i manifestanti, migranti e non, alle cariche della polizia.
“La polizia ha sgombrato la manifestazione. Loro (nove migranti, ndr) sono saliti per salvare la manifestazione e per far rilasciare l’uomo arrestato.
Io sono deciso.
Se le autorità avessero avuto una risposta positiva l’avrebbero data un mese fa.
Abbiamo deciso. Continuiamo la lotta tranquillissima come stiamo facendo.
Non siamo contro i cittadini. Mai. I cittadini dovrebbero appoggiare questa lotta perché lo sanno bene che oggi tocca gli stranieri, domani tocca anche i cittadini italiani”
Incontro Noureddine responsabile della comunità marocchina a Brescia da quando è iniziato il presidio che dice: “Sono qui per difendere la mia gente e anche per difendere i miei diritti” e con Andrej responsabile della comunità indiana e pakistana.
Noureddine continua. “Tutti quelli che sono qui sono stati truffati dalla sanatoria colf e badanti. I problemi sono diversi. Il problema più grave è per quelli che sono stati espulsi prima della sanatoria. La legge poi è arrivata con nuove condizioni.
Le persone hanno rispettato quanto chiesto dal governo. Hanno pagato i 500 euro per la regolarizzazione e i contributi INPS. Qualcuno ha avuto delle spese anche per il ricorso al TAR e per le spese legali. Adesso ricevono lo stesso le lettere di rigetto perché clandestini.”
La prima comunità entrata a Brescia e anche la più numerosa della provincia è la comunità marocchina.
Andrej racconta cosa succede qui “sotto la gru”. Loro sono saliti perché dopo trentasei giorni di presidio nessuno ci ha ascoltato. Poi siamo stati picchiati qua.
Non avevamo nessun’altra scelta per fare arrivare la nostra voce a livello nazionale. E abbiamo scelto questo. Non è facile … però.
La nostra è una manifestazione pacifica. Sono loro che hanno iniziato la violenza.”
Mustafa dice “abbiamo rispettato tutto quanto richiesto dal governo per la regolarizzazione.”
Noureddine incalza: “Noi chiediamo per tutti coloro che hanno inoltrato la domanda di regolarizzazione per colf e badanti il permesso di soggiorno e disoccupazione per sei mesi.
Senza se e senza ma.”
“Loro ( i sei sulla gru, dr) stanno rischiando la loro vita per avere i diritti per tutti quanti. Loro rischiano su. Noi stiamo soffrendo qua giù. Col freddo, la pioggia: 24 ore su 24. Non riusciamo a dormire neanche un’ora o due al giorno.”
Valentina, è una donna ucraina, ed era alla manifestazione di sabato scorso. Racconta: “Ho già pagato tutto anche i contributi. E ora non ci sono né i documenti né una risposta. Sono preoccupata perché vorrei sapere dove è la mia pratica, dove sono i miei documenti. Sono andata alle ACLI e non c’è nessuna risposta. Sono andata in Prefettura e non c’è nessuna risposta. Sono andata in Questura e no ho avuto nessuna risposta. Mi hanno detto sempre e solo “Aspetti, aspetti, aspetti, signora!” Ho presentato i documenti un anno e mezzo fa a Brescia: li ho portati all’ACLI.
Sono qui al presidio da un mese, dall’inizio.
Vivo a Brescia da quattro anni e ho lavorato per tre anni presso tre famiglie: nessuna delle tre famiglie ha voluto aiutarmi.”
Valentina racconta la sua storia con la dignità di chi conosce i propri diritti per i quali sta lottando oggi, e da un mese, in piazza e da anni presso gli uffici “competenti”.
Ora si lascia andare. Le lacrime rigano il suo volto, dolce e triste insieme.
Un pianto composto e impotente. Durante la carica della polizia avvenuta durante la manifestazione di sabato 30 ottobre è stata colpita ad una coscia. Un grosso ematoma ferisce il suo corpo. Ci tiene a mostrarmi questo ulteriore affronto alla sua persona. Quando le chiedo che cosa intende fare Valentina risponde con determinazione: “Continuerò a stare in piazza!”
Sotto la gru incontro anche Umberto Gobbi, presidente dell’Associazione Diritti per tutti al quale chiedo a che punto siamo.
“Siamo ad un punto molto delicato perché le richieste dei manifestanti qui sotto la gru e soprattutto le richieste dei sei giovani che sono a trenta metri di altezza sono chiare e molto nette. Vogliono che si apra una trattativa seria a livello ministeriale per una risoluzione positiva che porti alla regolarizzazione quindi ai permessi di soggiorno. Vogliono un presidio permanente per proseguire la mobilitazione fino a quando sarà necessario e vogliono anche l’assicurazione che non ci saranno ritorsioni, né di carattere penale né civile, con richiesta di risarcimenti per questa azione di lotta.”
Scaduto l’ultimatum mercoledì mattina ” non ci saranno più altre offerte di dialogo, hanno dichiarato il sindaco Adriano Paroli (PdL) e il vice sindaco Fabio Rolfi (Lega), ma che sarebbe semplicemente diventata un ustione di ordine pubblico, con tutte le conseguenze del caso… Intanto il movimento rilancia con una grande manifestazione che diventerà imponente. Sarà veramente una manifestazione veramente indimenticabile per la nostra città.”
SABATO 6 NOVEMBRE 2010 – H.15.00 – PIAZZA DELLA LOGGIA
Silvia Berruto, giornalista contro il razzismo