Gli eritrei, la Libia e un paese disorientato
1 luglio - Il messaggio di Obama
Dagli Usa arriva la notizia (vedi qui l'articolo di Federico Rampini su Repubblica) che il presidente Obama, con molte cautele e per ora senza alcun provvedimento vero e proprio, sta avviando un ripensamento della politica riguardante i cosiddetti "clandestini" e in senso più ampio i nuovi immigrati. Pare che Obama stia preparando i cittadini-elettori a cambiare mentalità e sposare un approccio più razionale di quello tenuto finora, teso a concepire l'immigrazione cone una minaccia - in un paese che pure è nato come paese di immigrazione. A qualcuno, in Italia, dovrebbero fischiare le orecchie. Peccato che i media (vedi sopra) non riescano a fare la propria parte per indirizzare il discorso pubblico.
5 luglio 2010 - Gli eritrei fantasma
Il quotidiano l'Unità dedica l'apertura e molte pagine, oltre che un informato e accorato appello di Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo, alla vicenda dei profughi eritrei imprigionati in un campo di detenzione in Libia e sottoposti a enormi sofferenze, col pericolo d'essere rimpatriati e quindi esposti a prigionia e torture in quanto disertori.
Alcuni dei profughi sono arrivati nel campo dall'Italia, dopo uno dei "respingimenti" in mare dei quali il nostro governo si è vantato e continua a vantarsi, ma che sono costati dure reprimende dalle organizzazioni internazionali, per la violazione dei diritti di rifugiati e richiedenti asilo, oltre che per avere messo in pericolo l'incolumità delle persone affidate alla dittatura libica. L'Unità fa dunque la conta delle testate che dedicano spazio alla vicenda, che chiama in causa anche il nostro paese per violazioni dei diritti umani. Seguono la vicenda, spiega l'Unità, il Manifesto, che ha sempre sgeuito la sorte degli eritrei e le prigioni a cielo aperto nei deserti libici, il quotidiano Avvenire, il piccolo quotidiano Terra; hanno dedicato servizi televisivi alla vicenda Tg3 e Linea notte, Rainews, Sky. Nulla su Corriere e Stampa, un box su Repubblica; nulla sui maggiori telegiornali. Questo silenzio ha un retroterra ben definibile: l'appiattimento dei media italiani sul 'partito xenofobo' che in questi anni è riuscito a imporre una visione a senso unico della questione immigrazione, ossia come un problema per la società e per di più legato alla sicurezza. I media, di fronte alle vicende libiche, non sanno che partita giocare, non hanno chiavi di lettura adeguate. Si giustificherebbero - a fronte di una precisa domanda - dicendo probabilmente che è una vicenda lontana, poco interessante per i lettori-ascolatori, alla qule la politica dà scarso peso (quest'ultimo è probabilmente l'elemento determinante). Roberto Natale, presidente del sindacato dei giornalisti Fnsi, fa giustamente notare sull'Unità che siamo di fronte a un caso di "autobavaglio. Non è solo un problema di censura ma di autocensura". Possiamo aggiungere che è anche un problema di mancata autonomia professionale: la vicenda viene ignorata perché la politica la ignora e l'agenda pubblica, in Italia, non è dettata dai media.