"Blacks Out": lo sciopero dei lavoratori stranieri, le colpe del giornalismo
Dei manifesti neri con una piccola scritta bianca al centro - "Blacks Out" - e un'altra ancora più piccola in basso: "20 marzo, ore 00,01". Le città ne sono piene, ma nessuno riesce a coglierne il senso, se non quei milioni di persone che vivono e lavorano senza avere i diritti di cittadinanza. Quella scritta e quella data sono l'annuncio di un formidabile sciopero dei lavoratori immigrati: una specie di cataclisma sociale. E' quel che immagina Vladimiro Polchi in un libro che prende il titolo da quell'ipotetico manifesto ed esplicita nel sottotiolo un obiettivo che nel mondo reale comincia a circolare fra i migranti e gli attivisti antirazzisti: "Un giorno senza immigrati" (Laterza 2010, 161 pagine, 15 euro).
Polchi ha provato a descrivere che cosa accadrebbe se all'improvviso, una mattina, gli stranieri tutti insieme si nascondessero, se sparissero dalle case, le fabbriche, i campi, gli uffici, gli stadi, gli ospedali. E' un esercizio di fantasia, certamente, ma il libro di Polchi non è pura finzione: di immaginario c'è lo sciopero, tutto il resto è vero: il cronista-protagonista è l'alter ego appena camuffato dell'autore, e le interviste, le cifre, i documenti citati sono tutti veri. Il "sogno" di Polchi è dettagliato e potente e descrive un autentico collasso della società. La famiglia del cronista-protagonista è la prima vittima: niente colazione pronta al mattino, niente assistente per la cognata invalida, niente quotidiani all'edicola sotto casa, niente cornetti al bar, perché sono lavoratori stranieri le colf e le "badanti" di casa, i pasticceri, gli autisti che consegnano i giornali.
L'alter-ego di Polchi passa in rassegna i comparti produttivi uno per uno, intervista sociologi e sindacalisti: alla fine il libro, con lo stile di una narrazione semplice, è una corposa raccolta di dati sul contributo dell'immigrazione alla vita quotidiana del nostro paese, alla sua economia, ai suoi conti pubblici. Abbiamo 774 assistenti familiari - le cosiddette badanti - e circa 700mila sono straniere; i lavoratori stranieri costituiscono il 20% della forza lavoro in agricoltura e pesca, il 19,7% nell'edilizia, il 20,9% in alberghi e ristoranti; il 14,8% nel tessile, il 15,7% nell'industria conciaria, il 14,6% in quella meccanica. Senza di loro l'Italia sarebbe alla paralisi: supermercati semi vuoti, edicole sguarnite, bar e negozi chiusi, aule scolastiche deserte, ospedali affollati di persone anziane "abbandonate" dalle assistenti familiari; anche la Chiesa avrebbe difficoltà a coprire le messe programmate (1500 preti stranieri in Italia) e il campionato di calcio sarebbe menomato dei suoi 200 stranieri (dieci in media per squadra; l'Inter - per paradosso - potrebbe schierare uno solo dei suoi campioni, l'italiano Mario Balotelli...).
Polchi, grazie alla scelta di mescolare realtà e finzione, riesce a spiegare anche i motivi per cui sarà impossibile organizzare una vera giornata di "Blacks Out"; lo dicono i sindacalisti intervistati: fra i lavoratori stranieri vi è una grande varietà di culture, lingue, motivazioni, obiettivi e una fortissima frammentazione, per cui non esistono organizzazioni davvero rappresentative né progetti comuni di azione e rivendicazione. E' altrettanto vero, peraltro, che i lavoratori stranieri iscritti ai sindacati non sono pochi - almeno 800 mila - e si potrebbe chiedere ai sindacati un impegno maggiore, e più visibile, per la tutela di lavoratori - iscritti e non iscritti - che sono spesso esclusi dalla garanzie comunemente riconosciute agli autoctoni. Perché i sindacati sono così deboli e così assenti su questo fronte?
Convince poco, invece, il capitolo dedicato al tema della criminalità straniera, cavallo di battaglia degli "imprenditori politici" dell'immigrazione. L'alter-ego di Polchi intervista il solito Marzio Barbagli, autore di un volume e di molteplici interventi in cui arriva a perentorie conclusioni sul contributo criminale delle varie categorie d'immigrati, poggiando su rilevamenti statistici e un metodo d'analisi messi pesantemente in discussione da molte parti, ad esempio la rivista "Studi sulla questione criminale". Le analisi di Barbagli sono molto apprezzate a destra perché il sociologo è legato al mondo democratico e progressista del Mulino e dintorni; per lo stesso motivo è citato "a discolpa" dalle forze di centrosinistra che negli ultimi anni hanno accettato l'agenda dettata dalla Lega Nord e dalle destre: l'emergenza sicurezza, l'allarme criminalità. E' perciò che Barbagli ha avuto tanta acritica attenzione da parte dei media.
Giuseppe Faso, in un recente intervento su "Guerre & Pace" - "Intellighenzia e pregiudizio" -, ha mostrato le molte falle del ragionamento di Barbagli, sul piano dei numeri e su quello dell'interpretazione, e al suo scritto rimandiamo. In "Blacks Out" non si cita nemmeno l'importante rapporto di Redattore sociale e Caritas/Migrantes "La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi", che arriva a conclusioni ben diverse da quelle di Barbagli ed altri "esperti" e in un passaggio critica fortemente il sociologo bolognese (ma forse Polchi ha chiuso il libro prima che il rapporto fosse pubblicato nell'ottobre scorso). "Le conclusioni di questa ricerca portano a continuare a ritenere serio il problema della criminalità e, nel contempo, a ridimensionare i giudizi correnti sull'apporto degli stranieri", si legge in un passo del Rapporto, che rifugge ogni semplificazione, a dispetto della grancassa mediatica che tenta di descrivere chi contesta le cifre di Barbagli e le conclusioni di molti "esperti" come ingenui e superficiali buonisti o estremisti.
In "Blacks Out" si trovano documenti ed elementi preziosi. Ad esempio il testo di una lettera dei genitori della scuola elementare "Carlo Pisacane" di Roma, che ha solo sei alunni italiani su 190. I bambini - scrivono i genitori - "arrivano alle medie senza difettare di preparazione o conoscenza, come affermato più volte dagli organi preposti alla valutazione didattica": è una testimonianza importante, mentre in politica e sui media si sproloquia di quote e classi speciali. Allo stesso modo, merita attenzione quanto dice Polchi sulla "concorrenza" che comincia a manifestarsi fra italiani e stranieri per lavori fino ad ora appannaggio degli immigrati, a cominciare dall'assistenza domestica: c'è il rischio concreto di ulteriori tensioni e di nuove strumentalizzazioni.
"Blacks Out", infine, aderisce esplicitamente, con una nota all'inizio del libro, alla nostra campagna sulla messa al bando di cinque "parole che escludono" - clandestino, extracomunitario, vu cumprà, nomade, zingaro - e mostra come si possa parlare di immigrazione e lavoratori stranieri con toni appropriati, senza stereotipi, mettendo da parte un linguaggio e un immaginario viziati da pesanti interessi politici. Polchi non manca, in vari passaggi, di indicare il contributo dato dai media alla criminalizzazione dei migranti. Perciò è molto gustosa la conclusione del libro, col portavoce di "Blacks Out" che riesce a beffare i vanitosi cronisti a caccia di scoop.