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Polemiche

Cronache senza buon senso

Lo scrittore Karim Metref scrive una lettera alla Stampa in merito agli articoli sulla bigliettaia delle Reggia di Venaria che indossava il velo. "La mia reazione non è di stupore, ma di di stanchezza e disperazione. Fino a quando si vuole andare avanti così? Non bastano, secondo voi, le aggressioni a sfondo razzista scatenate in tutto il paese?"...
5 giugno 2009

Proponiamo una lettera al direttore della Stampa scritta da Karim Metref, dopo la pubblicazione di un articolo - e successive polemiche - sul caso della bigliettaia che indossava il velo islamico. Metref è uno scrittore di origine algerina che da molti anni vive in Italia. le sue considerazioni ci paiono pertinenti e meritevoli d'attenzione.

Caro direttore,

Mi rivolgo a lei nella speranza di trovare quel minimo di buonsenso
che si fatica certe volte a trovare tra le colonne del suo e di altri
quotidiani.

Un "velo"

Faccio riferimento ad un articolo apparso sulla testata da lei diretta
(fortunatamente nella sola edizione torinese) in data 29 maggio 2009,
firmato da Angelo Conti, sotto il titolo: "Islamiche e con il velo le
bigliettaie della Reggia"
(http://www.fieri.it/_islamiche_e_con_il_velo_le_bigliettaie_della_reggia_.php)
e tutta la polemica che ne è nata.

La mia reazione non è di stupore, essendo che il signor Conti, insieme
ad un manipolo di suoi colleghi ci hanno abituato ormai alla loro
"caccia allo straniero". È una reazione di stanchezza e di
disperazione. Fino a quando si vuole andare avanti così? Non bastano,
secondo voi, le aggressioni a sfondo razzista scatenate in tutto il
paese? Non basta che il razzismo abbia invaso la scuola e il mondo dei
giovani? Non basta che perfino in un asilo nido si è arrivati a
picchiare un proprio coetaneo a suon di "spolco neglo"?

«...mi sono presentata alla biglietteria della Reggia di Venaria,
(...) mi ha colpito non poco notare che la biglietteria era presidiata
da due donne islamiche, una addirittura con il velo in testa.» -
recita la presunta dichiarazione della presunta fonte. Poi continua
chiedendosi se non era meglio nascondere le «due signore in
un'attività d'ufficio... ?»

Le due donne che guastano il decoro della Reggia reale sabauda secondo
la nostra "fonte" e secondo il sicuramente complice cronista sta non
in un qualsiasi atteggiamento sbagliato («Nulla da eccepire sul loro
servizio...») ma ben nel fatto di essere straniere. Ancora peggio:
islamiche. E per completare la linea d'accusa una addirittura con il
velo! Ma questo "addirittura" indica che il velo è soltanto una
aggravante ma il reato vero sta nell'essere quello che queste ragazze
sono.

Io non sono un sostenitore del velo, anzi sono un feroce oppositore a
questa forma di schiavitù (imposta o auto-imposta) delle donne dei
nostri paesi. Ma non era questo il problema sollevato. Hanno sbagliato
(nella scelta della protesta e non nella lodevole intenzione), secondo
me, i colleghi che hanno solidarizzato indossando tutti il velo, il
giorno seguente all'uscita dell'articolo. La denuncia era sulla
presenza di due straniere in un tempio dell'Italianità, della
Padanità, della Piemontesità!

Una piccola delazione che sembra senza gravità, se presa isolatamente.
Ma che nel suo piccolo, e visti i tempi che corrono, è fatta in puro
stile "pogromistico". Ricorda vagamente le stelle gialle tracciate
sugli esercizi di proprietà di ebrei (achtung Juden!), o certe volte
di coloro che impiegavano, soltanto, "israeliti" o altri "non-ariani".
Ricorda le croci rosso-sangue dei Ku Klux Klan sulle case degli "amici
dei negri". Ricorda insomma cose che nessuno, spero, vorrebbe vedere
riproporsi né qui né altrove. Una delazione che se è veramente di un
lettore è dannosa, inutile e anche vigliacca perché anonima. Se invece
di "fonte" non ce n'è l'ombra allora è doppiamente vigliacca.

Un "velo"

Quando leggo questo tipo di pezzi o le polemiche nello stile di quella
creata ad arte dai vostri colleghi di La Repubblica, grazie alla
lettera dell'ormai tristemente famoso "elettore di sinistra che sta
diventando razzista". Aprendo così ai politici del centrosinistra una
breccia, grande come un portone, per poter usare anche loro la
retorica elettorale anti romeni e anti zingari... cercando invano di
"rimorchiare" un elettorato ormai, secondo loro, diventato in larga
misura apertamente razzista.

Quando leggo queste cose in giornali che non sono La Padania, che non
sono di quelli che volutamente e soprattutto apertamente fanno del
commercio della paura e dell'odio la loro ragione sociale, mi pongo
delle domande.

Di risposte a queste mie domande me ne vengono anche.

Una possibilità, mi dico, è che i giornali di dimensioni nazionale
come quelli citati prima non abbiano ormai più né capiredattori né
direttori che vigilano in qualche modo sulla qualità e sull'etica.
Lasciando così le colone in preda a chiunque vuole sfogare le proprie
frustrazioni. Basta non toccare ai problemi veri e agli interessi dei
proprietari. Tutto il resto sarebbe permesso.

L'altra possibilità è che ormai queste testate sono pronte a tutto pur
di fare sensazione, pur di vendere. Pronte anche a scatenare la guerra
tra i poveri in una società già martoriata dalla crisi.

Come vede, caro direttore, delle ipotesi che mi vengono in mente non
so la quale sia peggio dell'altra. Forse sbaglio strada del tutto, ma
allora mi dica lei: come si potrebbe tradurre questo accanimento?

Non basta più la caccia allo straniero "delinquente" per rafforzare la
teoria "dell'immigrazione criminogena". Ora nemmeno quelli che
lavorano, che si comportano bene, che cercano di trovarsi un posto
tranquillo per vivere onestamente... Nemmeno questi vanno bene. È la
loro visibilità che è un problema. Se proprio abbiamo bisogno di
sfruttarli, che si faccia di nascosto, lontano dagli occhi della gente
per bene!

Ci dica caro direttore quale sarebbe la via d'uscita da questo
Pantano, in cui siamo tutti immersi fino al collo: di una popolazione
che si dice sempre più razzista perché sui mezzi d'informazione sembra
siano soltanto gli stranieri il problema di questo paese e di una
stampa che dice di scrivere sempre di più del "problema immigrazione"
perché dice che è il "sentimento condiviso tra la gente". Dove per
gente si intende, come diceva il comico francese Coluche: «La gente
normale. Cioè quelli non abbronzati (sic!), non arabi, non negri, non
ebrei e non froci... la gente normale, insomma!».

Sarà secondo lei ora di spezzare questo meccanismo? E se sì, chi lo
dovrebbe fare: le "fonti anonime", "i Piccolini" di turno o le
redazioni dei media che si ritengono equilibrati e seri?

Io da parte mia penso sia giunta l'ora di fare delle scelte. Noi in
questo paese ci siamo e intendiamo rimanerci. A dispetto di ciò che
possa pensare chi ci crede "merce usa e getta": braccia che si possono
convocare a milioni quando serve, e rimandare indietro quando c'è la
crisi.

Noi qua abbiamo costruito le nostre vite, qui siamo invecchiati e
abbiamo già cresciuto nuove generazioni. Qui stiamo da anni, non da
ospiti come piace ad alcuni ripeterlo, ma da coinquilini. L'ospite
mangia, non fa la spesa, non cucina e non lava i piatti. Noi invece
qui abbiamo lavorato sempre, abbiamo pagato la nostra parte di tasse,
sempre, e non dobbiamo niente a nessuno. Tranne il rispetto dovuto a
tutti e che pretendiamo però in ritorno.

Penso sia ora di scegliere e di fare chiarezza tra chi sta per la
convivenza e il rispetto reciproco e chi cerca lo scontro sociale? In
mezzo c'è ormai ben poco spazio.

Cordialmente.


--
Karim METREF
http://karim-metref.over-blog.org/ 

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