La propensione allo stupro
Il silenzio degli innocenti
Materiali per la negoziazione di un'immagine meno infamante degli immigrati, dei rom e dei sinti
n. 2 - La propensione allo stupro, 1 marzo 2009
Vi segnaliamo oggi un intervento di Luca Ricolfi, sulla Stampa del 21 febbraio. Lo riproduciamo in appendice, limitandoci qui a indicarne alcuni passaggi particolarmente arditi.
1. Si noterà come Ricolfi, così attento alle mille variabili quando si trattava di studiare il comportamento degli adolescenti a Torino negli anni '80, o i comportamenti elettorali più di recente, per "spiegare" all'inclito e colto pubblico della Stampa l'andamento della criminalità si limita a una spiegazione monocausale: nel 2007 le persone liberate con l'indulto devono essersi macchiate di ogni sorta di reato, e nel 2008, essendo costoro stati "riacciuffati" dalla polizia, i reati sono di nuovo in calo. Che l'aumento e poi la diminuzione degli omicidi o delle truffe telematiche vadano spiegati in questo modo ci sembra il segno di un accecamento ideologico.
2. Passando agli stranieri, Ricolfi non diventa più raffinato. "Fino a qualche anno fa", sostiene, "la pericolosità degli stranieri, pur restando molto superiore a quella degli italiani, era in costante diminuzione, ma negli ultimi anni questa tendenza sembra essersi invertita: la pericolosità degli stranieri non solo resta molto superiore a quella degli italiani, ma il divario tende ad accentuarsi."
Come faccia lo statistico torinese a misurare la pericolosità di un insieme contraddistinto solo dalla mancanza della cittadinanza italiana è difficile comprendere. Sembra di capire che il brav'uomo si basi sulle statistiche dei denunciati, e perciò degli "assicurati alla giustizia". Che sia alto tra costoro il numero di persone che non hanno la cittadinanza italiana, potrà voler dire molte cose: per esempio, che è più facile essere denunciati per mancanza di documenti, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, ricettazione (e perciò vendita di accendini e CD senza il bollo o borse Vuitton contraffatte a Napoli o a Prato) che non per altri tipi di reati, meno osteggiati (scippi, furti e una marea di reati da "colletti bianchi") e meno ancora perseguiti oppure ormai depenalizzati (falso in bilancio, etc.). Che però un maggior numero di denunciati significhi maggiore "pericolosità sociale" lo può credere solo chi pensi ancora che le classi laboriose sono anche le più pericolose. Se uno studente al primo anno di criminologia chiamasse "tasso di criminalità" (come fa Ricolfi) le percentuali dei denunciati rischierebbe di non passare l'esame. Ma il prof. corsivista del giornale serio se lo può permettere.
3. "Resta", scrive Ricolfi, "il problema della violenza sessuale e degli stupri". E qui sembra attraversare un momento di lucidità, quando afferma che "i mass media (...), amplificano una distorsione che è già presente nelle denunce". E uno dice: Grazie al cielo, così si limiterà a cercare di capire cosa significano le denunce (e perciò varie cose, tra cui l'attività delle agenzie di criminalizzazione). Ma quando mai, come si dice lontano da Torino: e Ricolfi si produce in un'espressione fortemente autocontraddittoria. "Basandosi esclusivamente sulle denunce, quel che si può dire è che la propensione allo stupro degli stranieri è 13-14 volte più alta di quella degli italiani (dato 2007)". Una persona appena appena alfabeta e sana di mente capirà che basandosi sulle denunce si potrà sapere, se sembrerà rilevante, il rapporto tra denunciati con o senza cittadinanza, con o senza permesso di soggiorno, e poi cercherà di comprendere come è stato prodotto questo numero, secondo una trafila del genere:
(a) insieme degli stupri compiuti;
(b) insieme degli stupri denunciati (meno dell'8%, secondo una stima ISTAT, in una ricerca documentatissima);
(c) attività investigative delle forze dell'ordine;
(d) denuncia dei presunti autori;
(e) (tre gradi di giudizio dei presunti autori);
(f) (condanna definitiva dei presunti autori).
Dove i passaggi tra parentesi sono tali perchè Ricolfi e altri si basano di solito sui dati del punto (d). Che i numeri statisticamente elaborati sul punto (d) dicano la "propensione allo stupro" sembra a chi sta scrivendo una puttanata colossale, o se si preferisce un'affermazione che naturalizza un fatto sociale, e rimane molto lontana da ogni rigore e terminologia scientifica accettabile. Peccato che gli innocenti della comunità scientifica se ne stiano silenziosi, non leggano la "Stampa" e siano dediti alle loro ricerche rigorose e dalla terminologia inappuntabile.
Tale procedimento viene esteso da Ricolfi dagli stupri ad altri reati, trattati con il medesimo linguaggio e rigore di cui sopra.
4. Il trattamento ricolfiano (simile a quello di Barbagli) costruisce un oggetto del discorso aberrante, molto lontano da ogni possibile spiegazione, e che si presta invece al delirio razzista. Lo immagina persino lo studioso torinese, quando scrive: "Si può discettare all'infinito sul perché il tasso di criminalità degli stranieri, anche regolari, sia così più alto di quello degli italiani. Razzisti e xenofobi diranno che l'alta propensione al crimine di determinate etnie dipende dai loro usi e costumi, se non dal loro Dna." Ricolfi ha un'altra spiegazione, che gli sembra meno paranoica: "Ma la spiegazione più solida, a mio parere, è tutta un'altra: se gli stranieri delinquono tanto più degli italiani non è perché noi siamo buoni e loro cattivi, ma perché i cittadini stranieri che arrivano in Italia non sono campioni rappresentativi dei popoli di provenienza. Con la sua giustizia lentissima, con le sue leggi farraginose, con le sue carceri al collasso, l'Italia è diventata la Mecca del crimine." Codesto pure abbiamo sentito dire, per il vero, in mille bar e taverne del Bel paese, compreso l'uso popolano della "Mecca" come antonomasia del luogo di richiamo a perverse azioni, che per secoli ha convissuto, nel linguaggio razzista calato giù dalle cattedre vescovili e dalle gazzette dei letterati, con la "Sinagoga di Satana" e simili fandonie.
Ci sono centinaia di ricerche e volumi sui progetti e i modelli migratori dei lavoratori di cittadinanza non italiana, e ne sono stati studiati percorsi scolastici e civili, titoli quasi sempre al di sopra di quelli prodotti dai loro compagni di lavoro italiani, modelli culturali in divenire e spesso innovativi, progetti transnazionali in genere creativi e originali, capacità di interpretare creativamente il mercato del lavoro, di inventare reti sociali, etc. Ed eccoti qua il Ricolfi a dirti, come davanti a un bicchiere di vino un po' andante, che si tratta del peggio che i loro popoli possano offrire.
5. Dimenticando una tradizione di battute sull'uso stupido delle statistiche, il sociologo torinese avverte che "I cittadini italiani privi di paraocchi ideologici non possono sorvolare sul fatto che uno straniero è dieci volte più pericoloso di un italiano". Già: mettiamo tutti gli "stranieri" in un cassetto, e tutti gli italiani in un altro, ne tiriamo fuori uno da ogni cassetto, etc: dovremo estrarre dieci italiani per trovarne uno che stia ala pari uno stupratore romeno. Com'è chiara la statistica!
"Ogni comunità straniera", soggiunge Ricolfi, " è costituita da due sottopopolazioni distinte: gli onesti attirati dalle opportunità di lavoro, e i criminali attirati dalla debolezza delle nostre istituzioni". Si è dimenticato un codicillo finale, che non sfugge invece allo scienziato sociale da bar:" ...e accecati dal nostro benessere" ("acciecati" è veramente la forma preferita da qualche gazzettiere purista).-
Ma non vogliamo privarvi del Capolavoro Ricolfiano.Eccolo
Giustizia: paradiso per stranieri onesti e inferno per i criminali
di Luca Ricolfi
La Stampa, 21 febbraio 2009
Periodicamente l'opinione pubblica si allarma per il problema della criminalità e della violenza. I giornali soffiano sul fuoco. Il governo tenta di fare qualcosa (è di ieri l'approvazione in Consiglio dei ministri del decreto anti-stupri). Maggioranza e opposizione tirano acqua ai rispettivi mulini.
Quando al governo c'è la sinistra e all'opposizione c'è la destra, il copione è già scritto: la sinistra minimizza e la destra drammatizza. Quando invece, come oggi, i ruoli di governo e opposizione sono invertiti, il copione va in crisi. La sinistra vorrebbe cavalcare la paura, ma non può farlo perché i suoi riflessi condizionati buonisti le suggeriscono di sdrammatizzare. La destra, per contro, vorrebbe tanto drammatizzare, ma deve trattenersi perché è al governo e teme di essere considerata responsabile di quel che succede.
Dopo i recenti casi di stupro a danno di donne italiane e straniere siamo dunque tornati a farci le solite domande. La criminalità è in aumento? Gli stranieri delinquono di più degli italiani? I romeni hanno una speciale vocazione per i reati di violenza sessuale? O sono tutte "percezioni"? Sull'andamento della criminalità non si può dire molto.
Con i dati finora disponibili (non definitivi e fermi al 1° semestre 2008) possiamo solo fissare qualche punto. La criminalità è aumentata molto subito dopo l'indulto: +15,1% in un anno, fra il primo semestre 2006 e il primo semestre 2007. Nel primo semestre del 2008 è diminuita rispetto al 2007, presumibilmente a causa dell'elevato numero di "indultati" recidivi, liberati e poi riacciuffati dalle forze dell'ordine. Ma la diminuzione non è stata sufficiente a compensare l'impennata del 2007, cosicché due anni dopo l'indulto il numero di delitti era un po' maggiore di quello pre-indulto.
Per esempio abbiamo più rapine (+4,9%), più omicidi volontari consumati (+7,7%), più truffe e frodi informatiche (+10,7%). In breve: le carceri sono strapiene, esattamente come lo erano prima dell'indulto (60 mila detenuti), e il numero di delitti è un po' maggiore di allora. Sul tasso di criminalità dei cittadini stranieri è difficile lavorare con statistiche precise, perché si ignora il numero esatto degli irregolari, però la situazione è piuttosto chiara.
Il tasso di criminalità degli stranieri regolari è 3-4 volte quello degli italiani, il tasso di criminalità degli stranieri irregolari è circa 28 volte quello degli italiani (dati 2005-6). Fino a qualche anno fa la pericolosità degli stranieri, pur restando molto superiore a quella degli italiani, era in costante diminuzione, ma negli ultimi anni questa tendenza sembra essersi invertita: la pericolosità degli stranieri non solo resta molto superiore a quella degli italiani, ma il divario tende ad accentuarsi.
Resta il problema della violenza sessuale e degli stupri. Qui la prima cosa da dire è che i mass media sono morbosamente attratti dalle violenze inter-etniche - lo straniero che stupra un'italiana, l'italiano che stupra una straniera - e riservano pochissima attenzione alle violenze intra-etniche, che a loro volta sono spesso intra-famigliari (donne violentate da padri, zii, suoceri, partner più o meno ufficiali). Ma i mass media, a loro volta, amplificano una distorsione che è già presente nelle denunce: l'assalto di un branco di adolescenti a una ragazzina all'uscita da scuola ha molte più probabilità di essere denunciato di quante ne abbiano le vessazioni di un padre-padrone, non importa qui se dentro un campo nomadi o in una linda villetta piccolo borghese.
Basandosi esclusivamente sulle denunce, quel che si può dire è che la propensione allo stupro degli stranieri è 13-14 volte più alta di quella degli italiani (dato 2007), e che - anche qui - il divario si sta allargando: l'ultimo dato disponibile (2007) indicava un rischio relativo (stranieri rispetto a italiani) cresciuto di circa il 20% rispetto a tre anni prima (2004). Infine, i romeni. In base ai pochi dati fin qui resi pubblici, la loro propensione allo stupro risulta circa 17 volte più alta di quella degli italiani, e una volta e mezza quella degli altri stranieri presenti in Italia.
Lo stupro non è però il reato in cui i romeni primeggiano rispetto agli altri stranieri. Nella rapina sono 2 volte più pericolosi degli altri stranieri (e 15 volte rispetto agli italiani), nel furto sono 3-4 volte più pericolosi degli altri stranieri (e 42 volte rispetto agli italiani). Nel tentato omicidio e nelle lesioni dolose, invece, sono leggermente meno pericolosi degli altri stranieri, ma comunque molto più pericolosi degli italiani (7 e 5 volte di più rispettivamente). Si può discettare all'infinito sul perché il tasso di criminalità degli stranieri, anche regolari, sia così più alto di quello degli italiani. Razzisti e xenofobi diranno che l'alta propensione al crimine di determinate etnie dipende dai loro usi e costumi, se non dal loro Dna.
Ma la spiegazione più solida, a mio parere, è tutta un'altra: se gli stranieri delinquono tanto più degli italiani non è perché noi siamo buoni e loro cattivi, ma perché i cittadini stranieri che arrivano in Italia non sono campioni rappresentativi dei popoli di provenienza. Con la sua giustizia lentissima, con le sue leggi farraginose, con le sue carceri al collasso, l'Italia è diventata la Mecca del crimine.
Un luogo che, oltre a una maggioranza di stranieri per bene, attira ingenti minoranze criminali provenienti da un po' tutti i Paesi, e così facendo crea l'illusione prospettica dello straniero delinquente. Perciò hanno perfettamente ragione gli italiani che hanno paura degli immigrati, ma hanno altrettanto ragione gli stranieri onesti che si sentono ingiustamente guardati con sospetto. I cittadini italiani privi di paraocchi ideologici non possono sorvolare sul fatto che uno straniero è dieci volte più pericoloso di un italiano.
Ma farebbero ancor meglio a rendersi conto che ogni comunità straniera è costituita da due sottopopolazioni distinte: gli onesti attirati dalle opportunità di lavoro, e i criminali attirati dalla debolezza delle nostre istituzioni. Il problema è che le due sottopopolazioni non si possono distinguere a occhio nudo, e quindi - in mancanza di segnali che consentano di separarle - la diffidenza diventa l'unico atteggiamento razionale. Un atteggiamento che non si supera con lezioncine di democrazia, tolleranza e senso civico, ma solo rendendo l'Italia un paradiso per gli stranieri di buona volontà e un inferno per i criminali, stranieri o italiani che siano.