Dati di realta' per una analisi del voto in Emilia-Romagna.
Ho provato a fare una analisi del voto in Emilia Romagna basandomi su elaborazioni dei dati ufficiali del Viminale incrociati con quelli ISTAT, e con una semplice curiosita' di partenza: scoprire cosa succede se oltre ai VOTI VALIDI iniziamo a contare anche i SEGGI ASSEGNATI, i VOTI TOTALI (includendo anche chi ha votato scheda bianca, nulla o annullata), il NUMERO TOTALE DI ELETTORI (includendo anche chi e' stato a casa), e anche il NUMERO TOTALE DI RESIDENTI (includendo anche chi subisce le conseguenze delle decisioni politiche senza poter esercitare il diritto di voto).
A questo link ho pubblicato tutti i dati grezzi importanti dall’Istat e dal sito del Ministero dell’Interno, assieme alle mie elaborazioni di questi dati corredate dai relativi grafici. Ringrazio chiunque segnalera' eventuali sviste o conteggi errati.
Contando I SEGGI si scopre che il 66% dei seggi viene attribuito ai centrosinistri, il 22% ai fascioleghisti, il 10% ai grillisti e il 2% ai rossocivici (in realta' quest'ultimo e l'unico seggio assegnato agli tsipristi).
Contando I VOTI VALIDI emergono le distorsioni delle soglie di sbarramento, dei premi di maggioranza e del mantra della governabilita': le percentuali scendono al 49% per i vincitori, e salgono per gli sconfitti con i rossocivici al 5.1%, i grillisti al 13.3%, i fascioleghisti al 29.9%, e i destrorenzisti del NCD, scomparsi dal conteggio dei seggi, che ricompaiono col 2.7% dei voti validi, che comunque non li salvano dall'invisibilita' in consiglio regionale.
Contando I VOTANTI, e non solo quelli che hanno espresso un voto valido, emerge un 4% di schede bianche, nulle o annullate, che fanno calare le percentuali di tutti gli altri, un 4% che non sara' una percentuale di votanti, ma di certo e' una percentuale di ELETTORATO con cui bisognera' fare i conti, magari per chiederci come mai l'offerta politica e' talmente impoverita da non offrire nulla a quel "partito bianco del 4%", che si prende la briga di andare alle urne, ma in coscienza non ritiene di poter sostenere nessuno dei candidati e delle liste proposte, e sceglie di annullare la scheda o di imbucarla intonsa.
Contando GLI ELETTORI, cioe' tutti quelli che godono del diritto di voto in Regione, emergono quei due milioni di emiliano-romagnoli che hanno perso interesse per la politica, motivazione al voto, fiducia nell'esercizio efficace dei loro diritti, una "maggioranza silenziosa" che aggiunta agli elettori che non hanno espresso voti validi porta al 63.7% il "blocco extraconsiliare" degli elettori senza rappresentanza in consiglio regionale, riportando gli altri blocchi politici alla loro reale dimensione in rapporto al blocco elettorale, con i centrosinistri al 17.8%, i fascioleghisti al 10.8%, i grillisti sotto il 5% e i rossocivici sotto il 2%.
Se poi ci spingiamo fino al conteggio numerico della POPOLAZIONE RESIDENTE nel territorio regionale per il quale ci vengono in aiuto i dati Istat, possiamo misurare l'estensione complessiva della comunita' che nel bene e nel male subira' le decisioni di questo consiglio regionale, osservando che la zona grigia dei non rappresentati esplode fino al 71,8%. Scopriamo cosi' che grazie ai giochi contabili della democrazia a suffragio tutt'altro che "universale" il 66% dei seggi attribuiti viene assegnato a chi rappresenta il 13,8% della popolazione residente.
Adesso i partiti politici possono tranquillamente festeggiare i grandi numeri delle loro percentuali gonfiate dai conteggi limitati ai voti validi, escludendo dal loro orizzonte quel 72% di residenti nella Regione Emilia-Romagna che non ha voluto o potuto esprimere una rappresentanza politica in consiglio regionale.
Tuttavia quel 72% di persone che restera' privo di rappresentanza diretta nel palazzo di viale Aldo Moro esistera' comunque nella vita della regione, ed e' un blocco sociale composto da esseri umani portatori di dignita' e diritti anche se vengono esclusi dai conteggi in quanto minorenni, astensionisti, stranieri, pregiudicati o portatori sani di schede bianche. Non resta che auspicare l'avvento di un movimento politico sinceramente democratico, popolare e inclusivo, che oltre a saper sgomitare per entrare nel palazzo ne sappia anche uscire, per rivolgersi principalmente alla grande maggioranza dei non rappresentati. Per non stravolgere il senso della delega democratica con elezioni dove si vota in tre e basta comprare un voto oltre al proprio per vincere, e' sempre piu' urgente un lavoro pre-politico di inclusione sociale, che possa mettere in contatto le esigenze degli "invisibili" con i "pochi eletti" che decidono anche per loro nella stanza dei bottoni.