Il potere televisivo non si cambia in salotto
Negli "anni dal culo di piombo" un popolo in poltrona ha le fiction che si merita
La fiction su Pinelli scatena polemiche. Ma che vi aspettavate dalla tv di Stato guidata dal Governo?
10 gennaio 2014 - Carlo Gubitosa
Il popolo dei libertari da salotto, che voleva specchiare le proprie convinzioni in quelle della TV di Stato senza fare troppa fatica, s'è risvegliato dal suo torpore per gridare allo scandalo di fronte alla fiction (letteralmente "finzione") con cui la Rai ha raccontato gli anni di piombo e il caso Pinelli (che io non ho visto perché la storia preferisco farmela raccontare nei libri, e dai perdenti).
Ma non potevano pensarci prima loro a fare una fiction su Pinelli, prima che arrivasse la Rai ad anestetizzare anche la sua memoria storica come fu fatto tempo addietro anche con quella di Don Milani? Bastava un pò di tempo, qualche spicciolo di colletta, una bozza di sceneggiatura, cinque minuti di demo, un pò di telo verde sul quale appiccicare fondali ottenuti da foto d'epoca, un video su Youtube che oggi in mezzo alle polemiche sarebbe diventato virale, magari attirando più spettatori della Rai e svolgendo quell'opera meritoria di recupero della memoria che invece è stata appaltata ad altri.
E da qui la mia amara riflessione: in questi "anni dal culo di piombo" c'è più pigrizia intellettuale e meno produzione culturale di quella che c'era nell'era del ciclostile, e le opportunità delle tecnologie internet, della microeditoria e del crowdfunding sono ignorate, sottovalutate e sottoutilizzate.
A questo punto la domanda nasce spontanea: cari telespettatori, oltre a criticare le fiction storiche, perché non usate un pò di tempo e di soldi per fare delle controfiction? O vi aspettate che la Rai vi racconti la storia dei perdenti per bocca dei vincitori, solo perché la vostra nicchia culturale paga il canone tanto quanto le masse ben più numerose che vogliono abbeverarsi della cultura dominante?
Coraggio, non siate timidi, di personaggi interessanti ce ne sono tanti: Danilo Dolci, Franco Serantini, Giorgiana Masi... e si potrebbe continuare. Se invece la storia la lasciate fare alla Tv di Stato guidata dal potere politico in carica poi non lamentatevi del revisionismo: troppo facile criticare la cultura dominante col telecomando in mano e il fondoschiena in poltrona, più difficile dare forma e memoria alla cultura dei dominati, che in TV non hanno diritto di cittadinanza.
Ai "delusi" dalla fiction Rai su Pinelli e Calabresi ricordo che per essere delusi bisogna essersi illusi, e per illudersi bisogna avere delle aspettative velleitarie. E allora, caro telespettatore, quali sono le tue teleaspettative? Tu ti aspetti ancora una politica libertaria dal PD? No? E perché ti aspetti illusoriamente una televisione che faccia cultura libertaria in un network formalmente controllato dal Parlamento, ma succube nella sostanza di un governo PD/PDL?
Anni addietro proponemmo, pochi ma buoni, la campagna "Informazione Pulita" per chiedere l'elezione POPOLARE dei vertici RAI (www.giornalismi.info/ip), cosa che sarebbe ben diversa dalle attuali nomine politiche di gente calata dall'alto delle segreterie di partito. Furono raccolte poche centinaia firme e l'interesse di qualche parlamentare, lasciando ben poca traccia perché oggi anche le buone idee hanno le gambe corte se non hanno un vip/guru/testimonial famoso che ne faccia la propria bandiera.
E allora se il gregge di telepecore non cerca soluzioni ma leader carismatici, e se anziché autoprodursi le fiction ha preferito dare un milione di Euro a Santoro per farlo rimbalzare dalla Rai a La7 su un comodo materasso a molla di sottoscrizioni, direi proprio che ci meritiamo la TV di stato asservita ai partiti, e la TV Popolare che poi ci ripensa per ridiventare aziendale, entrambe incapaci di scalfire di una virgola la cultura dominante nella quale siamo immersi come pesci nell'acquario.
Anni addietro, il gruppo di fumettari al quale ho il piacere di appartenere (www.mamma.am/edicola), con zero euro di investimenti iniziali ha stampato migliaia di copie di pubblicazioni che sostengono la cultura in cui credevamo senza delegarla ad altri soggetti. Non ci bastava più metterci a piangere sulla cattiva cultura altrui, volevamo produrne di buona.
Non è più tempo di borbottare al chiuso restando a braccia conserte, chi non va in montagna a fare la resistenza culturale non si lamenti del regime che dilaga in città con le sue ricostruzioni faziose. L'impegno economico spontaneo necessario per sostenere la cultura, non può limitarsi al pagamento del canone obbligatorio, ma va indirizzato a favore delle autoproduzioni, della buona cultura, dell'arte che sostiene le buone idee.
Anni addietro c'era stata una bella campagna del mio amico Marco Milozzi, l'"obiettore d'utenza" di Fermo (AP) che aveva scritto alla Rai annunciando a viso aperto la sua "obiezione fiscale" di protesta contro la legge Gasparri, con la quale aveva destinato la somma del canone a riviste e iniziative culturali meritevoli, il tutto alla luce del sole e assumendosi la piena responsabilita' del suo gesto che poi non ebbe conseguenze. Anche qui le telepecore non hanno raccolto lo stimolo e all'epoca la cosa fu vista come un velleitario gesto simbolico, che tanto poi la cultura seria si fa altrove.
Anni addietro lottai accanto al mio amico Enea Discepoli, che ha fatto tv di quartiere a Senigallia rendendo protagonisti i disabili del suo gruppo di arte-terapia, la Tv di quartiere "Disco Volante" che ha vinto anche un Premio Ilaria Alpi per le inchieste sulle barriere architettoniche cittadine fatte dai redattori disabili. La loro libertà l'hanno anche pagata con una denuncia, per poi uscire vittoriosi dall'azione legale contro la loro microemittente, dove ho avuto l'onore di scrivere come ingegnere la perizia tecnica che ha portato all'archiviazione.
Anche in quel caso le telepecore del gregge televisivo che ora si lamentano delle fiction non all'altezza dei loro gusti lasciarono cadere quel movimento libertario che spostava verso il basso il potere televisivo, perché avevano paura di muoversi nella zona grigia dove le cose legittime non sono ancora legali, e per difendere il proprio diritto costituzionale alla libera espressione "con ogni mezzo di diffusione" non tutti avevano il coraggio sfidare quella denuncia penale per trasmissioni abusive che Enea, i redattori di "Disco Volante" e il vostro umile tecnico di parte erano riusciti a rispedire al mittente.
Ma allora di che cosa stiamo parlando? Di che si lamenta questo gregge di ignavi radical-chic che vorrebbe stare comodo in salotto a fare zapping tra fiction anarchiche, reality comunisti e televendite rivoluzionarie, pensando di celebrare il contropotere nella TV dei potenti?
Pensiamo che i soldi che diamo per legge alla Rai ci diano il diritto di metterci a braccia conserte a pretendere una TV su misura delle nostre idee senza far niente?
Ci illudiamo che la cultura ci caschi in mano come pere mature, senza muovere un dito nè sborsare un centesimo, nè perdere un minuto del nostro prezioso tempo?
E allora se siamo solo pretese e illusioni, è ovvio che poi si rimanga delusi, non sorprendiamoci se ci ritroviamo a sbattere il muso sulla realtà se pretendiamo che la TV di massa rispecchi i valori della nostra nicchia culturale, fregandocene delle buone iniziative di nicchia che potrebbero creare massa culturale.
In breve, caro telespettatore con teleaspettative, smettila di chiederti cosa può fare la televisione per sostenere la tua cultura, ma chiediti cosa può fare la tua cultura (dentro e fuori i media di massa) per sostenere della buona televisione (ma anche buona editoria, cinema, teatro) o in alternativa chiediti almeno quali sono i mille modi per appoggiare le valide alternative culturali che vengono prodotte dal basso mentre tu guardi la Rai per poi lamentartene e tornare il giorno dopo a sprofondare nello stesso "divano sociale" che inghiotte le iniziative libertarie spontanee.
Commenti
Inserisci il tuo commento