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Questo sito e' un contenitore di materiale vario senza nessuna organizzazione logica. L'artigiano di questa fabbrica di parole e' Carlo Gubitosa: scrittore compulsivo, sedicente ingegnere, appassionato di cause perse e tecnofilo cronico.

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La mia terra la difendo

La mia terra la difendo
Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

La mia terra la difendo

La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
Carlo Gubitosa

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Guerra, razzismo, P2 e marchette: un atto d’accusa ai giornalisti VIP

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Se siete a caccia di pennivendoli famosi con le mani sporche di guerra, marchette, p2 e razzismo anziche' di inchiostro, questo e' il libro che fa per voi. Il consiglio e' disinteressato: io non ci guadagno niente sul venduto perche' mi pagano a forfait, lo dico per quelli che hanno problemi di schiena a tenere in mano un pesante tomo di Travaglio e vogliono qualcosa di piu' agile da leggere in bagno.
12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Intervista a Paolo Attivissimo

Versione integrale dell'intervista pubblicata su "Sbufaliamoci" la rivista del Laboratorio di Graphic Journalism e Microeditoria della laurea triennale in Scienze della Comunicazione - Universita' di bologna
18 marzo 2013 - Laboratorio Graphic Journalism e Microeditoria

Paolo Attivissimo

Come si è avvicinato all'attività di debunking e come mai ha deciso di aprire un blog?

Il debunking è un mestiere nato per caso: avevo scritto un libro di divulgazione su Internet (erano gli anni Novanta e Internet era per molti una novità misteriosa) e vi avevo incluso un paio di pagine in cui raccontavo le bufale e i falsi allarmi che già allora circolavano in Rete e ne spiegavo le origini. Dopo l'uscita del libro (Internet per tutti) cominciarono ad arrivarmi mail di lettori che chiedevano chiarimenti su altri appelli che non avevo incluso nel testo, e così ho cominciato a indagare e pubblicare i risultati. Da lì è cresciuta man mano una collezione eterogenea di circa 350 casi che continua ad espandersi. Il blog è nato come conseguenza di questo lavoro antibufale e del fatto che navigando in Rete trovavo tante chicche che volevo segnalare e condividere con gli amici e i lettori. Dal 1997 pubblicavo una newsletter, ma i filtri antispam la falcidiavano e la gestione era diventata impossibile. Così nel 2004 ho creato un blog (inizialmente battezzato attivissimo.blog) che serviva come blocco degli appunti pubblico facile da aggiornare, e vi ho fatto confluire i contenuti della newsletter. La cosa ha preso piede ed eccomi qua, nove anni dopo, con lo stesso blog, oggi ribattezzato Il disinformatico (la newsletter è archiviata presso http://www.attivissimo.net/nl/newsletter.htm).

Mi diverte, mi permette di scoprire tante cose grazie ai commenti dei lettori, ed è un luogo di discussione che adoro coltivare, anche se spesso il lavoro vero e proprio (di giornalista e traduttore tecnico) mi impedisce di scrivere spesso per il blog.

Cosa sono e come nascono le leggende metropolitane, e qual è il segreto per far credere una bufala a tantissime persone?

Le leggende metropolitane sono la forma moderna delle fiabe: narrazioni spesso fantastiche,ma ancorate nel reale, che ci mettono in guardia simbolicamente contro un pericolo oppure esprimono una paura diffusa ma inconfessabile. Non è difficile creare una leggenda metropolitana: è sufficiente attingere al serbatoio delle emozioni (positive o negative) o dei preconcetti della gente e offrire una storia che sia gratificante da raccontare. Un esempio classico è l'appello per guarire un bambino malato: un'azienda facoltosa donerà un certo numero di centesimi per ogni condivisione o inoltro dell'appello. Una storia come questa coniuga l'emozione del dramma di un bambino con la gratificazione di fare qualcosa (in apparenza),e di farlo senza pendere nulla, per risolvere il dramma stesso. L'importante è che questo qualcosa non sia troppo impegnativo, altrimenti l'appello non troverà seguaci sufficienti e si fermerà.

Le leggende metropolitane esistono da sempre: cos'è cambiato con i nuovi mezzi di comunicazione?

L'arrivo di Internet ha accelerato enormemente la diffusione delle leggende metropolitane. Se ai tempi della morte di Elvis Presley (1977) la leggenda che lo voleva in realtà vivo ma sotto falsa identità, con una morte simulata, ci mise anni a svilupparsi fino a diventare un mito, la morte di Michael Jackson nel 2009 ha partorito il giorno stesso del decesso numerose leggende che sostenevano in vari modi che il cantante non fosse realmente morto. Il cambiamento principale è quindi la velocità di comunicazione, abbinata al fatto che Internet offre spazio per esprimersi a chiunque su scala planetaria: un privilegio che prima era riservato a pochissimi. È vero che grazie a Internet le informazioni sono a portata di mano in misura mai vista prima, ma è altrettanto vero che molti utenti (anche giovani) non sanno come trovare queste informazioni e non sanno come discriminare fra fonti attendibili e contafrottole, e quindi si lasciano sedurre dai vari ciarlatani e profeti di sventura. A mio avviso il problema non è tecnico,ma sociale, e quindi non va affrontato in maniera tecnica: non basta fornire le informazioni per contrastare le leggende metropolitane,ma bisogna anche convincere le persone a consultare quelle informazioni, che spesso sono in conflitto con pregiudizi e luoghi comuni emotivamente carichi e quindi vengono rifiutate perché sovvertono la propria visione del mondo.

Esistono e se sì quali sono gli strumenti per interrompere la propagazione di una leggenda?

Per fortuna esistono e sono principalmente la diffusione di smentite chiare e documentate e la diffusione di una maggiore cultura informatica che crei l'abitudine, negli internauti, di verificare tutto prima di inoltrare e, se la verifica non è possibile, di non inoltrare pensando “tanto male non fa”, perché a volte il danno c'è eccome (penso agli appelli-bufala per donatori di sangue, che periodicamente finiscono per intasare i centralini degli ospedali).

C'è mai stata qualche presunta "bufala" che poi si è rivelata non essere tale?

Sì. Per esempio, nel 2002 prese a circolare un appello contro dei paventati aumenti-record della “tassa” SIAE sui supporti vergini. L'appello conteneva dati straordinari (aumenti addirittura fino all'8000% di quest'indennizzo), per cui pensai che si trattasse di una bufala. Ma i successivi controlli rivelarono che la storia era reale. Anche le foto rubate di un fragilissimo Steve Jobs nelle fasi finali della propria malattia furono scambiate per false (sembrava incredibile che un uomo sempre così attento alla propria immagine non avesse preso precauzioni),ma non lo erano.

Ci sono delle persone autorevoli e influenti che hanno sostenuto le bufale?

Certamente. Anche fra gli autorevoli e gli influenti ci possono essere pregiudizi e preconcetti che si traducono in un appoggio, spesso involontario, a queste storie. Fama e competenza in un campo non conferiscono infallibilità in campi differenti da quello nel quale si è specializzati. È successo a Beppe Grillo, a Giulietto Chiesa (per l'11 settembre), a Licia Colò (per Bonsaikitten, il sito-burla che sembrava vendere gattini allevati in bottiglia), e a tanti altri.

Non crede che l'operato di un debunker si appoggi su processi poco analitici, dovendo adeguare dei fatti ad una conclusione, invece di procedere dai fatti alle conclusioni?

Non direi. Il metodo del debunker è simile a quello del buon giornalismo investigativo: raccogliere i dati, verificarli uno per uno e solo allora costruirvi sopra una tesi che spieghi gli eventi, avendo sempre ben chiari i propri preconcetti che possono spingere a dare per valida una tesi e a non notare le possibili spiegazioni alternative. Per cui il debunker non adegua i fatti alle conclusioni,ma fa l'esatto contrario: adatta le conclusioni ai fatti. Non sempre il risultato di un'indagine è quello che vorremmo,ma lo dobbiamo accettare comunque. Non siamo nel campo delle opinioni, per le quali ognuno ha diritto sacrosanto alle proprie: siamo in quello dei fatti, che sono uguali per tutti.

Spesso sia le teorie del complotto che il debunking sembrano veicolare lo stesso messaggio, quello di non credere a ciò che dicono i giornali. Come si può uscire da questo impasse?

Concordo sul fatto che sia il debunking sia il cospirazionismo possono dare lo stesso messaggio di diffidenza nei confronti dei media,ma lo fanno con due approcci completamente differenti.

Il debunking non propone verità assolute,ma offre regole, tecniche e strumenti di verifica incrociata delle notizie e mette in guardia contro gli errori e le distorsioni più frequenti del giornalismo (perlomeno di certo giornalismo), per cui crea un lettore più attento, meno credulone e meglio attrezzato per non farsi imbrogliare o depistare; il cospirazionismo, invece,propone una visione del mondo paranoica preconfezionata che deve essere accettata fideisticamente. Mentre il debunking si limita a ricordare che anche i giornalisti sono esseri umani, con le proprie ideologie e predilezioni e la propria fallibilità, il cospirazionismo accusa i mezzi d'informazione di essere intenzionalmente collusi e di insabbiare volontariamente qualche tremenda verità. Uscire dall'impasse richiede uno sforzo da parte del lettore e da parte del giornalista. Il lettore dovrà accettare che non può delegare acriticamente un compito importante come l'informazione sul mondo che lo circonda e quindi dovrà spendere tempo e risorse per verificare,quando possibile, le notizie che riceve, o almeno per dotarsi di un "motore di ricerca umano", ossia di una serie di fonti affidabili, magari differenti a seconda del campo in questione. Il giornalista dovrà, a mio parere, imparare a essere meno superficiale e a verificare meglio le notizie, che in quest'epoca di copiaincolla facile vengono troppo spesso semplicemente ritrasmesse invece di essere analizzate criticamente per fornire un servizio migliore ai lettori. Internet è un potentissimo propagatore di bufale e leggende, ma è anche un magnifico strumento per stroncarle e scoprire, molto spesso, verità che sono molto più intriganti ed esaltanti di qualunque leggenda.

L.T. - S.P

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