Il risveglio delle coscienze in campagna elettorale
Giardullo, deciditi: il reato di tortura e' civilta' o esagerazione?
Nel 2010 per il sindacalista di polizia l'introduzione del reato di tortura era una "ingenerosa esagerazione", oggi per il candidato della "rivoluzione civile" e' "indice di civilta'". Ma i codici di identificazione sulle divise rimangono un tabu'
18 gennaio 2013 - Carlo Gubitosa
"Io e Ilaria Cucchi non siamo incompatibili, siamo due sensibilità diverse con uno stesso obiettivo: garantire maggiore rispetto delle regole e tutelare i diritti dei cittadini. L’introduzione del reato di tortura è indice di civiltà". Parole di Claudio Giardullo, "rivoluzionario civile" candidato da Antonio Ingroia.
Viene da chiedersi se e' lo stesso Giardullo che in qualita' di segretario del Silp Cgil, il sindacato di polizia considerato "di sinistra" dichiarava nel maggio 2010 che l'introduzione del reato di tortura in Italia "mi sembra un'ingenerosa esagerazione, a noi non sembra che ci sia una situazione tale da giustificare una misura di questo tipo". Il tutto per commentare i rapporti di Amnesty International che ricordava i casi Bonsu, Aldovrandi, Cucchi, Sandri e soprattutto il G8 di Genova, accomunati da documentate pratiche di tortura a danno di cittadini inermi.
A quanto pare una provvidenziale campagna elettorale ha unificato i due Giardullo: il "depenalizzatore" della tortura che contestava Amnesty International si e' risvegliato dal suo torpore piu' che decennale in materia di tortura, ha ricordato che l'Italia e' inadempiente verso le convenzioni internazionali sulla tortura sottoscritte nel lontano 1987, e ha capito che la sorella di un torturato a morte ostinata a credere che la legge sia uguale per tutti puo' essere tutto sommato una persona "compatibile" con la sua idea di democrazia.
Speriamo che Giardullo venga candidato alle prossime europee, cosi' magari con un secondo risveglio della coscienza si accorgera' che da parecchi anni la societa' civile chiede anche l'introduzione di codici identificativi sulle divise dei poliziotti in servizio, ma su questo fronte, come sull'introduzione del reato di tortura, il Silp ha fatto da sempre orecchie da mercante, probabilmente per la paura di perdere iscritti.
Perfino il "nuovo" Giardullo, quello "compatibile" con Ilaria Cucchi, e' contrario a uno strumento identificativo che serve solo in caso di abusi. Talmente contrario da arrampicarsi sugli specchi affermando che un codice anonimo "può mettere in pericolo gli operatori di polizia che svolgono bene il proprio mestiere. Con l’identificazione alfanumerica potrebbero rischiare, in situazioni di scontri o forti tensioni di piazza, di essere oggetto di particolare attenzione da parte dei gruppi violenti. Penso soprattutto agli stadi. Qualunque sia la condotta del poliziotto non si possono rischiare cacce all’uomo o linciaggi".
E di fronte al rischio di un linciaggio l'unica arma di difesa concepibile per Giardullo e' l'impunita' per i poliziotti, condita con la garanzia dell'anonimato totale, qualunque cosa si faccia e qualunque cosa accada: i manganelli usati al contrario, i lacrimogeni sparati ad altezza uomo, l'accanimento su persone inermi devono rimanere azioni dei soliti ignoti. E nella Polizia in queste condizioni chi cerca di ripettare la legge anche in mezzo agli scontri non e' un esempio: e' un fesso.
Come dire: se torturano i vostri fratelli, saro' il primo a chiedere che i colpevoli vadano in galera. Ma se si limitano a gonfiarli di botte per strada, che bisogno c'e' di fare i pettegoli con quei codici cosi' indiscreti per dare un nome ai picchiatori?
Evviva la Rivoluzione Civile!
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