Se duecentomila euro vi sembran pochi
Caro Busi, benvenuto nel mondo dell'editoria vera, ma entraci senza piagnistei
Le lamentele dello scrittore sulle condizioni praticate dagli editori misurano lo spessore dell'ovatta che lo avvolgeva fino a ieri
3 ottobre 2012 - Carlo Gubitosa
Mi sono convinto che Aldo Busi ha perso il contatto con la realta', e a far nascere in me questa convinzione sono state le sue recenti lamentele contro il "cattivo mondo dell'editoria", nel quale pero' fino a ieri sguazzava senza mai lamentarsi, evidentemente perche' gradiva gli anticipi e il trattamento ricevuti dagli oligopolisti che lo hanno arricchito.
E adesso di che cosa si lamenta? Andiamo per ordine. Secondo i dati di cronaca Busi e' stato talmente oltraggiato da stracciare un anticipo "a cinque zeri", e ho dovuto far mente locale per capire che con cinque zeri si arriva alle centinaia di migliaia di euro. Se Busi ha ricevuto in passato anticipi cosi', avrebbe potuto benissimo aprirla lui, una casa editrice, anziche' lamentarsi di come gli altri stampavano i suoi materiali.
E qui arriva il primo dato di realta' che vorrei porgergli: caro Busi, tu non hai diritto ad anticipi stratosferici perche' sei bravo a scrivere, perche' sei il nuovo Hemingway o per le tue doti letterarie, ma solo per la tua faccia, la tua fama, il tuo essere "personaggio". I soldi che ti danno non ti arrivano per cio' che scrivi, ma per cio' che sei e perche' la gente conosce la tua faccia e il tuo nome.
Te lo dice uno che ha scritto dodici libri in un settore diverso dal tuo (la saggistica) di cui uno tradotto anche all'estero, ma cio' nonostante non ho mai beccato una lira di anticipo e sono sempre stato pagato con i diritti d'autore sul venduto. Magari perche' scrivo male o vendo poco, non lo escludo (ma allora non mi spiego perche' mi hanno fatto scrivere tutti quei libri e ne hanno voluto anche tradurre uno) o piu' probabilmente perche' sono un signor nessuno, non vado ai reality, non vado a fare vetrina in televisione, non ho fatto litigate con la Parietti o videorisse con Sgarbi, non ho fatto l'isola dei famosi, non sono un presenzialista dei salotti televisivi ne' ho alcuna intenzione di esserlo.
Nessuna lamentela in tutto questo, sono ben lieto di zappare il mio piccolo orticello di lettori con quello che mi e' dato di saper scrivere, e senza che il successo mi rovini la vita. Cerca di capire pero' caro Busi la prospettiva di chi sta bello tranquillo a seminare il terreno difficile a disposizione di chi scrive contando solo sulla sostanza dei propri libri, e non sui pulpiti televisivi o sulla propria fama.
Se in questo terreno arriva qualcuno appena sceso dagli appartamenti reali a lamentarsi che le zolle di terra sono fastidiosissime, e' difficile camminarci in mezzo e il re dovrebbe garantirgli un camminamento in marmo di carrara per attraversare i campi, allora non posso dirgli altro che "questa e' la zappa, queste sono le zolle, e se non ti piace zappare tornatene nella bambagia da dove sei venuto".
Se invece nella bambagia non ci vuoi tornare e preferisci fare un bagno di realta', ti do' il benvenuto nel mondo dell'editoria che vive al netto del doping televisivo, dove una somma di denaro a cinque zeri non e' un diritto divino per chi scrive, ma spesso e' il fatturato aziendale aggregato di chi stampa, spesso anche di piu'.
Dici che "è morta una civiltà letteraria, un'editoria, un mondo". Ben arrivato! Ormai sono pochi gli scrittori come te, che possono scrivere con un libro ogni dieci anni per poi campare di arte e di comparsate, e ti auguro buona fortuna nel mondo dell'editoria precaria e della scrittura affamata, dove l'atto di scrivere richiede un tempo che vale molto piu' del denaro che se ne ricava.
Se vuoi un esempio concreto posso parlarti del saggio di 600 pagine "Genova, nome per nome", utilizzato anche da Lucarelli per la sua ricostruzione televisiva dei fatti del G8 2001 e da Marco Vicari come fonte per il film "Diaz". Due anni di lavoro, tremila euro spesi in viaggi e materiale documentale, diritti d'autore (comunque generosi) che pero' non hanno nemmeno coperto le spese. Ma sono cose che al giorno d'oggi vanno messe in conto se vuoi far valere la tua scrittura, se vuoi scrivere senza passare dall'anticamera televisiva, per restare persona e non trasformarti in personaggio.
Adesso quel libro e' in rete, e ti assicuro che nessuno ne ha fatto delle "versioni modificate", visto che a tuo dire l'ipotesi di una manipolazione del tuo testo e' l'unica cosa che ti frena dal diffonderlo online oltre al timore di qualche denuncia che pero' il tuo editore non avrebbe dovuto avere.
Ti metti a fare piagnistei perche' gli editori non ti offrono copertura legale: ma credi che la norma nel mondo editoriale sia la responsabilita' personale dell'autore o la copertura legale "all inclusive" garantita dall'editore?
Se pensi che ogni scrittore possa avere a disposizione uno stuolo di avvocati, in che mondo hai vissuto finora? Hai letto qualche contratto di edizione fatto firmare a gente meno famosa e televisiva di te? Dal caldo della bambagia che ti ha avvolto finora ti sei accorto che la cosiddetta "clausola di manleva" (quella che solleva editori, quotidiani, e televisioni da ogni responsabilita' legale per cio' che pubblicano e trasmettono) e' purtroppo la norma, al punto che trasmissioni come Report hanno dovuto combattere una dura battaglia per fare in modo che la Rai riconoscesse almeno in parte la responsabilita' legale di quelle inchieste?
Sei arrivato adesso nel mondo in cui Paolo Barnard e' stato abbandonato dalla Rai perche' la Tv di Stato ha voluto scaricare su di lui la responsabilita' di una inchiesta di "Report" nella quale un intervistato col volto camuffato e' stato dichiarato riconoscibile dai suoi colleghi per un paio di pantaloncini?
Scopri adesso tutti i giornalisti e gli scrittori che da illustri sconosciuti hanno dovuto affrontare da soli querele e azioni legali temerarie e vessatorie per aver detto cose scomode, abbandonati a loro stessi senza ricevere nessuna tutela legale ne' dalla loro testata ne' dal gruppo editoriale che ha pubblicato i loro articoli, libri o inchieste?
Ti atteggi a libero pensatore senza catene e poi ti metti a scrivere solo quando hai le spalle coperte da un grosso editore che ti fa scudo con un esercito di avvocati aziendali?
Ti lamenti di un contratto dove l'autore "garantisce di essere disponibile a collaborare in via preventiva con l'editore al fine di eliminare eventuali rischi connessi agli aspetti contenutistici dell'opera", ma pensi di essere il solo a dover rendere conto al proprio editore di quello che scrive? Indipendentemente dal fatto che sia giusto o sbagliato, pensi che sia una cosa nuova? O il controllo dell'editore ti fa indignare solo quando viene imposto a te, mentre se capita al "popolino" va tutto bene?
Ti lamenti perche' il tuo editore Giunti non sarebbe riuscito a metterti abbastanza in vetrina nei suoi 200 punti vendita, come se non fossi gia' abbastanza in vetrina sulla televisione. Ma prima di lamentarti e fare il pianto greco, ti rendi conto di quante migliaia di persone scrivono cose magnifiche che finiscono nascoste negli scaffali piu' remoti o non arrivano neppure in libreria perche' l'editore punta tutto il loro sforzo promozionale sui vip come te proprio per l'esigenza di recuperare anticipi stratosferici, il distributore scommette sui grossi editori capaci di pubblicare personaggi di richiamo, il promoter cerca di agganciare il libraio col nome gia' famoso e il libraio vuol battere cassa vendendo l'ultimo grande successo del vip di turno?
Ti rendi conto, prima di lamentarti, di quante vittime ignote dell'editoria sono condannate all'oblio assieme ai loro magnifici romanzi solo perche' ti diverti ad alimentare il modello dello scrittore vip superpagato e un modello di editoria basato sui bestseller di vecchie cariatidi con titoli che vanno a colpo sicuro?
Hai mai pensato che questo tipo di editoria da cui tu pretendi le luci della ribalta, la tutela legale, anticipi da capogiro e le migliori condizioni possibili, nel frattempo sta lasciando nell'ombra l'energia creativa di una generazione di scrittori tenuti ai margini solo perche' incapaci di fare incassi stratosferici visto che oggi in libreria si vende solo quello che passa dal cinema o dalla televisione?
Pensi davvero di avere l'autorita' morale di lamentarti perche' un editore non puo' spingerti abbastanza da recuperare un anticipo di duecentomila euro, mentre sei circondato da migliaia di scrittori validissimi (e molti anche piu' validi di te) che duecentomila euro non li vedranno mai in tutta la loro vita, figuriamoci tutti insieme, solo perche' hanno un nome, una faccia e un curriculum di ospitate diversi dal tuo?
Come definire chi si permette di sputare su un anticipo di duecentomila euro, uno che si lamenta di un editore ignorando che deve fare i conti con un mercato dove la gente non legge piu' in generale e i giovani non sanno nemmeno chi sei tu in particolare, uno che ignora le condizioni di vita e di lavoro della stragrande maggioranza delle persone che fanno il suo stesso mestiere e nel frattempo si definisce "un'ammiraglia dagli interni spartani" che contesta "l'editoria abituata a canotti foderati in pelle e lo champagnino cinese del cumenda"?
Per me un soggetto cosi' e' uno che avrebbe un disperato bisogno di zappare quelle terre dure dell'editoria piccola e media che non ha mai guardato nemmeno sul binocolo, ignaro di essere stato miracolato da mamma Tv che gli ha portato in dono frotte di consumatori non necessariamente lettori, pronti a comprare ogni sua fesseria anche solo per tenerla sullo scaffale e potersene vantare con gli amici: in fondo un libro di Busi gettato in un angolo del salotto con nonchalance da' sempre un gusto di trasgressione ad una bella serata in societa', e aiuta a trovare argomenti di conversazione quando hai il cervello svuotato dal lusso.
Caro Aldo, se deciderai di metterti finalmente a lavorare, guadagnandoti diritti d'autore un centesimo alla volta senza battere cassa al banco degli anticipi, dopo esserti divertito a sostenere che "un'opera di letteratura è sempre sincronica al suo tempo", potrai finalmente sincronizzarti con il nostro tempo, dove sputare su duecentomila euro e' un insulto per quel 99% di popolazione ancora consapevole del valore del denaro e del lavoro.
E mentre resti alla finestra per decidere cosa fare del tuo capolavoro cosi' bistrattato da quei cattivoni di Mondadori e Giunti, se non lo trovero' in libreria credo proprio che non ne sentiro' la mancanza. La vita e' breve, e abbiamo piu' classici negli scaffali che tempo per leggerli, e un Busi in meno non sara' poi una gran tragedia.
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