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La mia terra la difendo

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Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

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La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
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12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Sui blog del "Fatto Quotidiano" spuntano contenuti discriminatori

Quando l'omofobo e' anche educatore e vede "mamme con la barba"

I limiti dei nostri pregiudizi di fronte alle sfide di una societa' complessa
23 settembre 2012 - Carlo Gubitosa

Screenshot dal sito del Fatto Quotidiano

Sul suo blog personale contenuto nel sito del "Fatto Quotidiano", un maestro elementare che risponde al nome di Alex Corlazzoli si lascia andare a pensieri in liberta' sui bambini affidati a coppie omosessuali con un articolo dal titolo molto eloquente: "Maestro, mia mamma si chiama Nichi", condito da riflessioni di questo genere:

"da insegnante provo a immaginarmi un bambino di 6 - 7 anni che spiega ai compagni che lui ha una mamma maschio. Ho provato a pensare al figlio di un omosessuale che quando disegna la sua famiglia a differenza degli altri raffigura la mamma con la barba. E ancora ho pensato a come vivrebbero questa nuova dimensione gli altri bambini. (...) Nei primi anni di vita nei bambini, secondo la psicopedagogia, vi è un processo di identificazione nei genitori: dato non irrilevante per una coppia di omosessuali".

Assieme a molti altri commentatori, ho valutato questo articolo come espressione di un pensiero ignorante e omofobo. E non lancio queste accuse alla leggera.
 
E' un ragionamento omofobo perche' presuppone che la capacita' di allevare e accudire un bambino in modo sano sia in diretta correlazione con l'orientamento sessuale, e che tra gli omosessuali questa capacita' sia inferiore anche per fatti oggettivi e logistici.
  
E' un ragionamento ignorante perche' si riempie la bocca di psicopedagogia ignorando che l'identificazione dei bambini non avviene soltanto con i genitori biologici, ma con le figure adulte di riferimento, il che aiuta i bambini orfani o privi di un genitore ad identificarsi con altri adulti per il corretto sviluppo della loro personalita'. Cosa che so per esperienza diretta, essendo stato allevato da mia mamma con l'aiuto di mia zia, e avendo compensato l'assenza di una figura maschile di riferimento nell'ambito familiare identificandomi con insegnanti, capi scout, o adulti maschi con cui ho avuto la fortuna di confrontarmi durante la mia crescita.
 
E' doppiamente ignorante perche' si ignora piu' o meno volutamente che "la mamma maschio" di cui parla Corlazzoli si chiama PAPA' e in tanti paesi piu' civili del nostro ci sono bambini che ne hanno DUE rivolgendosi in modo intercambiabile a "papa' tizio" e "papa' caio" senza che uno dei due abbia l'incarico o il dovere di riempire la casellina "MAMMA" per far crescere in modo sano quei bambini
 
In quei paesi ci sono anche insegnanti ed educatori piu' preparati di Corlazzoli ad affrontare le sfide di una societa' complessa che sta mettendo alle spalle i suoi tabu', una societa' dove nelle coppie lesbiche le "amiche della mamma" diventano "mamma" a tutti gli effetti, rafforzando, e non indebolendo la rete di affetti indispensabile per il corretto sviluppo di un ragazzino. 
 
E se queste cose un educatore non le capisce da solo, e gliele deve spiegare su internet la gente che commenta le sue fantasiose teorie psicopedagogiche, la scuola italiana e' messa peggio di quanto pensassimo.
Purtroppo in Italia l'omofobia e' ancora una opzione culturale che non squalifica come educatore chi vi aderisce, ma spero che in futuro diventi un tabu' come la pedofilia, e si capisca che anche l'omofobo, tanto quanto il pedofilo, il razzista, il sessista e il disturbato mentale non hanno titolo per sedersi in cattedra a formare nuove generazioni di adulti.
 
La mia frequentazione di "famiglie arcobaleno" che hanno adottato bambini abbandonati mi spinge a considerare "matrimonio" qualunque relazione d'amore di una coppia che ottiene o vorrebbe ottenere un riconoscimento ufficiale da parte dello stato civile. 
 
Poi i cattolici potranno dire che il "MATRIMONIO CATTOLICO" e' altra cosa, i teorici dello "stato di natura" potranno dire che il "MATRIMONIO NATURALE" e' quello tra uomo e donna glissando sul fatto che l'orientamento omosessuale sia comunque presente in natura anche al di fuori della specie umana.
 
Nel rispetto di tutte queste libere definizioni e categorie, secondo me il MATRIMONIO CIVILE in uno stato laico dovrebbe essere un contratto di diritto privato che si puo' contrarre indipendentemente dall'orientamento sessuale, con due persone che si dicono a vicenda:

"io voglio essere registrato come la persona che si prende cura di te UFFICIALMENTE, scegliendo liberamente l'obbligo reciproco alla fedeltà, l'assistenza morale e materiale, la collaborazione nell'interesse della famiglia, la coabitazione, il contribuire ai bisogni della famiglia e tutti quei diritti/doveri della copia previsti dal codice civile, e ai quali attualmente possono aderire solo gli eterosessuali".

9 giugno 2012: gay pride a Bologna

Poi sul piano politico posso capire che per non spaventare parte dell'elettorato si debbano cercare degli eufemismi coi quali ci si sta baloccando da anni parlando di DICO, PACS, UNIONI CIVILI e altre mirabolanti invenzioni, (il pacioccone Renzi sul suo programma ha scritto "civil partnership" per gettare fumo con un po' di supercazzole anglofone dal sound moderno, cosi' i vecchietti piu' tradizionalisti non ci capiscono nulla e i piu' giovani e progressisti si sentono rappresentati).
 
Ma sul piano del DIRITTO e sul piano delle RELAZIONI umane, due coppie di persone che si innamorano e decidono di passare la vita assieme, per me stanno costruendo lo stesso tipo di relazione UMANA che sento di poter chiamare MATRIMONIO, anche se una delle due coppie e' formata da etero e l'altra da GLBT. 
 
Per quanto riguarda poi la capacita' di amare e di accudire dei bambini, non ci sono prove scientifiche che queste caratteristiche siano in qualche modo correlate all'orientamento sessuale della coppia.
Non si sta mettendo in discussione il valore delle reti di relazioni che si stabiliscono nelle famiglie cosiddette "naturali" (o meglio delle famiglie formate da adulti eterosessuali), ma se alcuni bambini non possono avere dei genitori naturali per le cause piu' varie, o se delle lesbiche vogliono avere dei figli naturali assieme alle loro compagne, bisognerebbe aprirsi mentalmente anche alle famiglie arcobaleno, ma qui il principale problema e lo scoglio culturale piu' grande da affrontare e' quello legato all'adozione da parte dei gay.
 
In una coppia di lesbiche, infatti (al netto dei diritti negati in tema di reversibilita' delle pensioni, diritto all'assistenza in caso di malattia o infortunio, diritto alle agevolazioni previste per le famiglie di recente costituzione e altre cose valide solo per gli etero) per quanto riguarda la realizzazione delle proprie aspirazioni alla maternita' si puo' fare un bel pernacchio alle leggi dello stato che impediscono di sposarsi, e ai nostri pregiudizi che vedono in quella coppia un ambiente "disturbante" o addirittura "malsano" per lo sviluppo di un bambino. Non ci vuol molto a capire che le due componenti di quella coppia sono sempre libere di farsi fecondare come gli pare per poi riportare quel bambino all'interno del loro reale nucleo di affetti.
 
A quel punto quegli affetti saranno codificati nella sostanza, e quell'unione tra la vita di due persone che trasformano il loro amore in un atto generativo sara' un matrimonio di fatto tra due mamme di fatto in una famiglia di fatto, mentre nella forma quegli affetti resteranno avvolti da quel velo di ipocrisia sporca e pelosa che spingera' i farisei di turno a considerare quella famiglia arcobaleno come un "nucleo abitativo composto da una ragazza madre con prole e una amica convivente".
E questo, si badi bene, a tutto discapito del bimbo che avra' dei diritti dimezzati, in quanto solo una delle due genitrici risultera' ufficialmente come madre, mentre l'altra dovra' fare testamento in favore del "figlio di una amica" e chiederne la tutela legale in caso di morte della madre naturale, passando attraverso una burocrazia sadica e costosa per garantire a quel bambino quei diritti di successione e quel diritto all'assistenza da parte di entrambi i genitori che in una coppia eterosessuale sarebbero garantiti automaticamente per il semplice fatto di essere nato.
 
Un tale livello di ipocrisia non mi sembra degno di un paese civile, di una moderna democrazia laica, e di uno stato rispettoso dei diritti delle minoranze: alla fine il danno maggiore causato da questi pre-giudizi e' quello che riceve la nostra convivenza civile, e non il danno comunque significativo subito da quella famiglia arcobaleno composta da due lesbiche e dai loro figli naturali.
 
Quell'articolo e' oggettivamente omofobo, nel senso etimologico del termine, perche' esprime una "FOBIA" che e' solo nella testa dell'autore, ovvero la paura che un bambino accudito da una coppia di omosessuali abbia dei problemi nel corso della sua crescita perche' non ha nessuno da chiamare mamma. 
 
Questo problema non e' mai stato sollevato dalla comunita' scientifica degli psicologi o dei pedagogisti, perche' chiunque sollevasse un problema del genere sprofonderebbe nel ridicolo e sarebbe facilmente smentito dai suoi colleghi. 
 
Io non ho nemmeno bisogno della comunita' scientifica per smontare questa paura come una fobia simile a quella di chi non vuole andare in ascensore per paura che crolli la casa. Per convincermi che questa fobia e' solo nella mente di qualcuno ma fuori dalla realta' basta valutare la mia esperienza diretta di persona allevata da due donne, perche' mio padre non c'era e mia zia non ne ha "FATTO LE VECI" mettendosi i baffi, ma mi ha dato una seconda dose di affetto supplementare che mi ha aiutato a crescere, e a crescere bene, anche se quell'affetto proveniva da una persona senza attributi maschili.
 
Se emergeranno statistiche significative e accettate dalla comunita' scientifica che provano una maggiore devianza mentale di bambini accuditi in "famiglie arcobaleno" rispetto a quelli allevati in un orfanotrofio o in famiglie "tradizionali", allora potremo ragionare sui problemi educativi dei BAMBINI.
 
Fino ad allora, io resto convinto che queste fobie riguardino le paure, l'ignoranza, l'incultura e il pregiudizio DEGLI ADULTI. E per risolvere i problemi sollevati dall'autore di questo articolo non c'e' bisogno di fare una caccia alle streghe contro le coppie gay che vorrebbero mettere su famiglia, basta che l'articolista in questione si confronti con qualcuno che lo aiuti a capire meglio la complessita' di quel che lo circonda e a vincere le sue fobie.
 
Aprirsi all'esterno senza accartocciarsi sulle proprie paure e' condizione fondamentale per capire che in paesi piu' civili del nostro, davanti a realta' concrete simili a quella che Corlazzoli ipotizza sul piano puramente teorico, tanti suoi colleghi insegnanti non si pongono assolutamente i suoi falsi problemi, ne' si scompongono particolarmente, ma al contrario sanno entrare in relazione con i bambini e con le loro famiglie per valutare ogni situazione nella sua specificita', e decidere assieme ai genitori quello che e' meglio per quel bambino.
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