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Questo sito e' un contenitore di materiale vario senza nessuna organizzazione logica. L'artigiano di questa fabbrica di parole e' Carlo Gubitosa: scrittore compulsivo, sedicente ingegnere, appassionato di cause perse e tecnofilo cronico.

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La mia terra la difendo

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Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

La mia terra la difendo

La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
Carlo Gubitosa

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Guerra, razzismo, P2 e marchette: un atto d’accusa ai giornalisti VIP

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Se siete a caccia di pennivendoli famosi con le mani sporche di guerra, marchette, p2 e razzismo anziche' di inchiostro, questo e' il libro che fa per voi. Il consiglio e' disinteressato: io non ci guadagno niente sul venduto perche' mi pagano a forfait, lo dico per quelli che hanno problemi di schiena a tenere in mano un pesante tomo di Travaglio e vogliono qualcosa di piu' agile da leggere in bagno.
12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Scontro generazionale tra vecchi scrivani e giornalisti 2.0

L'orgoglio di pubblicisti e precari: lettera aperta a Franco Abruzzo

Per riformare la professione di giornalista, l'ex presidente dell'OdG della Lombardia vuole togliere riconoscimenti e tutele a chi ne ha di meno.
21 dicembre 2011 - Carlo Gubitosa

Carta di giornali

Salve Francesco, ho letto le tue proposte per la riforma della professione giornalistica e ti scrivo una lettera aperta per chiederti pubblicamente una cosa molto semplice:

Il giornalismo e' un mestiere che presuppone alcune conoscenze e il rispetto di alcune regole o e' un lavoro mercenario dimostrabile con un compenso?

Se giornalista e' anche chi conosce le regole di un mestiere, e non soltanto chi percepisce denaro per cio' che scrive, nella prospettiva di una abolizione dell'albo pubblicisti mi sembra ingiusto ammettere d'ufficio all'esame di stato solo chi puo' dimostrare di "vivere di giornalismo", perche' questa proibizione e' un ulteriore schiaffo in faccia a chi lavora in nero, una vera e propria discriminazione di censo che penalizza i precari, gli invisibili, le migliaia di colleghi che vengono tenuti a casa a lavorare via internet e pagati a volte meno di un euro a pezzo.

Chiunque sia iscritto all'albo dei pubblicisti dovrebbe essere ammesso a sostenere l'esame di stato, perche' non si puo' sapere a priori quali sono le mille cause che impediscono a un pubblicista di mettere assieme uno stipendio o di poter dimostrare un reddito, e tra queste va tenuto in debita considerazione il lavoro nero e sottopagato.

L'unica discriminante tra uno che diventa professionista e uno che rimane pubblicista dopo aver sostenuto un esame di stato dovrebbe essere il livello di conoscenze deontologiche e professionali da cui deriva la promozione o la bocciatura all'esame, e non la busta paga piu' o meno gonfia.

Tu che discetti da anni di leggi, diritto e costituzione dovresti capire facilmente che subordinare qualunque attestazione professionale ad un determinato livello di reddito e' palesemente incostituzionale.

Secondo i tuoi principi di "giustizia" gli ingegneri e gli avvocati possono fare un esame di stato anche senza aver mai guadagnato un centesimo, come di fatto avviene, ma i pubblicisti precari che lavorano in nero o non hanno potuto mettere assieme un reddito sufficiente devono essere banditi dagli esami di stato per giornalisti professionisti.

Sai qual e' l'impressione? Che la generazione anziana e tutelata che ha lavorato con mille privilegi e tutele voglia offrire come offerta sacrificale alla macelleria sociale del governo la testa dei giovani giornalisti, quelli che non potranno mai piu' avere un tesserino da pubblicista perche' si chiuderanno le iscrizioni all'albo dei pubblicisti e quelli che non potranno mai diventare professionisti perche' ormai anche i contratti da praticante sono diventati roba di lusso destinata a pochi fortunati o a chi ha fatto anni di gavetta in una redazione, magari pagato in nero o non pagato affatto.

I veri costi da eliminare, caro Abruzzo, non sono le minime garanzie date alle nuove generazioni precarie che ora si vorrebbero comprimere ulteriormente, ma sono i tremendi privilegi riconosciuti alla tua generazione, che adesso vorrebbe sbarazzarsi di giovani giornalisti di fatto e degli ingombranti pubblicisti come se la zavorra del paese non fossero i vostri privilegi, ma i nostri contributi versati all'Inpgi, le nostre quote di iscrizione all'albo dei pubblicisti, le nostre situazioni di precariato e sfruttamento, i nostri contributi non versati che restano nelle tasche degli editori.

Ti ho gia' sfidato piu' volte a fare un semplice esperimento: prendi una qualunque testata online regolarmente registrata che fa profitti sul web, leggi le firme di chi scrive e controlla se quei nomi compaiono o no nell'elenco dei professionisti. Io scommetto che piu' della meta' non saranno presenti. E allora per dimostrare di essere giornalisti bisogna per forza aver "fatto i soldi" o pensi che anche i pubblicisti sfruttati possano essere degni di sostenere un esame di stato? Per un esperto di diritto e di giornalismo come te la risposta non dovrebbe essere difficile.

Al di la' delle critiche, vorrei ringraziarti per le risate che mi sono fatto leggendo la tua bozza di decreto per l'ordinamento della professione di giornalista. Ho trovato davvero esilarante il passaggio in base al quale per fare l'esame di stato sara' consentito "l'utilizzo di elaboratori elettronici (personal computer) cui sia inibito l'accesso alla memoria", magari giacche' c'eri potevi inbire anche l'accesso alla rete elettrica, cosi' siamo piu' sicuri che non copiera' nessuno, e i laptop saranno usati come semplici piani d'appoggio per carta e penna.

Che dovessi studiare un po' piu' di informatica (o affidarti alla consulenza di qualcuno che ne capisce) te lo dicevo gia' da anni, da quando inoltravi via email catene di sant'Antonio con bufale vecchie di anni, senza nemmeno prenderti la briga di fare quelle verifiche che facciamo perfino noi pubblicisti senza reddito, proprio perche' la conoscenza delle regole di un mestiere non ha nulla a che vedere con le cifre nella tua busta paga.

E' anche possibile che non si tratti di un errore tecnico, e che tu sogni davvero un giornalismo coi computer senza memoria, le penne senza inchiostro, le rotative senza carta, le nuove generazioni senza stipendio e le redazioni senza pubblicisti. Peccato che in questo modo avremo edicole senza giornali, piene soltanto di bollettini padronali redatti da gente troppo ben pagata o troppo precaria per poter fare come si deve il mestiere di giornalista.

Qui fuori, dove lottiamo per strappare paghe da miseria, c'e' una generazione di giornalisti che usa computer con la memoria, e avra' memoria del tradimento della tua generazione a danno dei giovani precari, una generazione che lotta ogni giorno per paghe da fame, si sente abbandonata dai sindacati, dall'ordine dei giornalisti e dalle vecchie glorie dell'informazione come te, una generazione che ha imparato a lavorare da casa senza redazione, senza mazzette di giornali sotto il braccio, senza tutele, senza prospettive e spesso anche senza paga e senza diritti. Se sara' necessario, impareremo a lavorare anche senza tesserino, come fanno gia' migliaia di colleghi invisibili all'ordine professionale perche' pagati in nero o comunque sfruttati.

Potremo offrire meno tutela alle nostre fonti, ci sara' piu' difficile accedere alle informazioni, potranno arrestarci nelle manifestazioni senza nessun riguardo al nostro ruolo, ma comunque resteremo sempre e comunque giornalisti. Magari la prova della nostra professionalita' non sara' piu' un tesserino che avremo in tasca, e la patente di giornalista ce la conquisteremo ogni giorno, ogni volta che in una redazione qualche vecchia cariatide col contratto blindato, lo stipendio d'oro e il "culodipietra" sprofondato in poltrona ci chiedera' un articolo perche' a forza di campare sul lavoro degli altri ormai ha dimenticato come si fa a scriverne uno.

I miei piu' cordiali saluti

Dott. Ing. Carlo Gubitosa

Direttore Responsabile della rivista Mamma!
(www.mamma.am - Se ci leggi e giornalismo, se ci quereli e' satira)

Giornalista Pubblicista che suo malgrado non vive di cio' che scrive perche' a parita' di prestazioni lo pagano un decimo di quanto lo pagavano dieci anni fa.

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