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Questo sito e' un contenitore di materiale vario senza nessuna organizzazione logica. L'artigiano di questa fabbrica di parole e' Carlo Gubitosa: scrittore compulsivo, sedicente ingegnere, appassionato di cause perse e tecnofilo cronico.

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La mia terra la difendo

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Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

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La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
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12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Il caso Filippo Facci

Se non hai la pelle dura, lascia perdere il web

Quando il giornalismo prova a servire Dio e Mammona
2 dicembre 2008 - Carlo Gubitosa

Filippo Facci

Non staro' a descrivere in dettaglio chi e' il giornalista/opinionista/ospite televisivo Filippo Facci: per scoprirlo basta cercare su Internet, in modo che ognuno possa farsi una idea della sua onesta' intellettuale, della sua indipendenza dal potere di Craxi prima e di Berlusconi poi, della serenita' di giudizio con cui le sue mandibole di mastino della carta stampata si accaniscono nell'azzannare le caviglie di chiunque diventi il suo bersaglio del momento.

Basta affacciarsi su Google per scoprire i trascorsi di Facci, compresa una condanna penale definitiva per diffamazione, ricevuta per affermazioni contenute nella "biografia non autorizzata" di Antonio Di Pietro pubblicata dalla berlusconiana Mondadori.

Oppure la condanna in sede civile per la diffamazione di Enzo Biagi dopo la sua cacciata dalla Rai, quando Biagi, all'epoca gia' anziano e malato, fu definito "il non-giornalista per tutte le stagioni" in un articolo del primo giugno 2002 pubblicato su "Il Giornale" e firmato da Facci, che accusava Biagi di confezionare in televisione un "insulso brodino" e una "insipida sbobba" (come risulta dalla sentenza del Tribunale di Milano datata 12 luglio 2006, non appellata e quindi definitiva).

Cesare De Sapia, il giudice che ha condannato Filippo Facci, Maurizio Belpietro e "Il Giornale", ha affermato che "l'articolo in esame integra il reato di diffamazione,non potendosi configurare un legittimo esercizio del diritto di critica,in quanto basato su fatti non veri. Ne consegue che nell'articolo in questione non viene riportata una lecita critica a carico del collega giornalista Biagi, che sarebbe stata come tale legittima, ma si formulano delle (inesistenti e quindi false) accuse nei confronti del predetto, rappresentate dall'asservimento ad ogni regime in atto e dall'utilizzo di metodi scorretti nella professione"

Ci sono poi gli scontri giudiziari in sede civile e penale con cui i magistrati del pool Mani Pulite hanno reagito agli articoli di Facci, descritti da Marco Travaglio sull'"Unita'" del 21 ottobre 2008: "per esempio le cause intentategli dagli ex pm Di Pietro (rimborsato tre volte in via transattiva), Davigo (idem, tre volte), e poi ancora Colombo e Ielo. Per una diffamazione contro Borrelli, Facci fu condannato in primo grado e in appello, poi in Cassazione lo salvò la prescrizione, ma il risarcimento danni fu confermato e pagato".

Per i tignosi che proprio si ostinano a scavare nel torbido, in rete c'e' anche a futura memoria perfino la mitica intervista del 17 aprile 2003 rilasciata a Claudio Sabelli Fioretti su "Sette", in cui Facci descrive furti di caviale al supermercato: "Mai mangiato così bene come in quel periodo. Perché se rubi, rubi il caviale mica la carne in scatola".

Ma oggi lasceremo perdere il passato e parleremo di lui senza livore, semplicemente usando la sua esperienza come paradigma del giornalista "vecchio stile" che si affaccia sul web e prova cio' che perfino il Vangelo ritiene impossibile: servire "Dio e mammona", cioe' scrivere sui giornali padronali alimentando l'informazione autoritaria di proprieta' del Presidente del Consiglio, e al tempo stesso tuffarsi nel mondo della democrazia elettronica affidando i propri pezzi ai giudizi e ai commenti del popolo della rete e delle comunita' virtuali.

Il giornalismo che diventa una conversazione si concilia male con l'acida faziosita' dell'informazione-spettacolo a senso unico a cui ci hanno abituato i giornali e le TV, e l'esperienza di Facci sul portale "Macchianera.net" fa esplodere inevitabilmente una lunga scia di polemiche e commenti ad ogni articolo pubblicato. Forse chi si informa sul web e' piu' abituato a criticare, replicare e controbattere del lettore medio che si abbevera al "Giornale" di Feltri, Facci e Giordano, e questo puo' essere spiazzante per chi non e' abituato al contraddittorio schietto della rete, ben piu' franco e feroce di quello dei salotti buoni televisivi.

Su quel portale il copione si ripete uguale a se stesso per decine di articoli: Facci la spara grossa, arrivano commenti negativi a raffica, chiunque provi a contestare viene bollato come disinformato o stupido senza mai scendere nel merito delle critiche. A quanto ne so, Facci e' stato uno dei pochi a far chiudere la propria pagina su Wikipedia minacciando azioni legali: forse non sa che le eventuali inesattezze avrebbe potuto correggerle lui stesso, a meno che i suoi problemi di immagine non fossero proprio legati a cose esatte e dimostrabili.

Apparentemente infastidito dai commenti ai suoi articoli, Facci ha provato a scrivere in rete senza diritto di replica, bloccando l'inserimento dei commenti. Ma alla fine si stufa, e dichiara ufficialmente il suo divorzio dal giornalismo partecipativo.

L'annuncio ufficiale parte il 2 dicembre 2008 dalla homepage del portale Macchianera.net. "Io qui non posto più niente - scrive Facci - perchè mi avete annoiato: mi accontenterò, quotidianamente, di qualche milione di interlocutori in tv o sui giornali". Qualcuno puo' spiegargli, vocabolario alla mano, la differenza tra interlocutori con diritto di replica e gli spettatori/lettori silenti e massificati che sono il pubblico preferito di chi scrive e dice baggianate?

Alla fine anche Facci e' costretto scegliere tra Dio e Mammona: chi non vuole gettarsi nell'arena della rete raccogliendo la verita' che si nasconde anche nelle critiche piu' sgarbate, puo' benissimo restare chiuso a Versailles nella reggia dell'informazione di regime, facendo attenzione al popolo che sbraita e tira uova marce appena proviamo ad aprire la finestra.

Fare entrambe le cose e' proprio impossibile, c'e' arrivato perfino Facci, ma sono sicuro che il nostro beniamino ci provera' di nuovo, abituato com'e' a negare l'evidenza, e lo rivedremo ben presto in rete. E sono altrettanto sicuro che appena rimettera' piede in uno spazio telematico aperto al dibattito, i pesci in faccia voleranno di nuovo a quintali, e lui stacchera' di nuovo i fili del citofono per non farsi disturbare dai passanti.

Bisogna farsene una ragione: il web non e' roba per mammolette abituate a parlare a senso unico dal palcoscenico della stampa governativa finanziata con denaro pubblico. Se vuoi gettarti nella mischia, e' bene che tu abbia carattere, argomenti forti e nervi saldi. Altrimenti quando torni sui tuoi passi coperto di fischi e ti sottrai al contraddittorio fai la figura di quei bambini viziati che portano il pallone al campetto e poi tornano a casa piangendo e col pallone sottobraccio appena si sbucciano un ginocchio. E con tutta la disinformazione che c'e' in giro non possiamo permetterci di avere anche in rete giornalisti bambocci. Gia' ci bastano quelli che lavorano in Tv e nei quotidiani assieme a Facci.

 

 

Note: Aggiornamento del 3 dicembre 2008: l'addio di F.F. ai lettori di Macchianera e' stato rimosso da facci, o da chi per lui. All'indirizzo

http://www.macchianera.net/2008/12/02/spingitori-di-bottoni/

E' spuntata una "pagina inesistente".

Ma la rete ha una memoria lunga, e in allegato a questo articolo trovate quella pagina cosi' come si presentava fino al 2 dicembre. Buona lettura!

---

Aggiornamento del 21 gennaio 2009. In seguito ad una minaccia di querela da parte di Filippo Facci ricevuta via Facebook, ho provveduto a una rettifica. La frase "condanna penale definitiva ricevuta per la diffamazione di Antonio Di Pietro" e' stata modificata come segue:

condanna penale definitiva per diffamazione, ricevuta per affermazioni contenute nella "biografia non autorizzata" di Antonio Di Pietro pubblicata dalla berlusconiana Mondadori.

L'errore c'era: ad essere diffamato non e' stato Di Pietro, ma una terza persona citata nella biografia scritta da Facci: per un giornalista scrivere un articolo diffamatorio e' comunque grave, chiunque sia l'oggetto della diffamazione. Ma Facci ci tiene a sottolineare che non ha mai diffamato Di Pietro, e per metterlo bene in chiaro e' disposto anche a minacciare querele. Che poi abbia diffamato qualcun altro poco importa, almeno a lui.

In ogni caso, questo articolo annulla e rettifica la versione precedente, purtroppo circolata su siti web di cui non ho il diretto controllo.

Allegati

  • Filippo Facci - Fonte: Macchianera.net
    2 dicembre 2008. Filippo Facci scrive su Macchianera.net "Io qui non posto piu' niente, perche' mi avete annoiato: mi accontentero', quotidianamente, di qualche milione di interlocutori in tv o sui giornali".
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