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12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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Tele-Revisionismo

Sulla Rai arriva il "Maurizio Costanzo Show". Ma è firmato Minoli

I soldi del servizio pubblico destinati al racconto morbido e smussato di un personaggio controverso

Vignetta di Mauro Biani

Tutto comincia il 12 novembre 2008, quando Rai Due manda in onda una nuova puntata de "La storia siamo noi" dedicata a Maurizio Costanzo, ribattezzato per l'occasione "sor quinto potere" da Luca Martera, il collaboratore di Giovanni Minoli che ha realizzato questo servizio/celebrazione/agiografia. Il cocktail è semplice ed efficace: basta mischiare un pò di dati storici, ovviamente quelli meno scomodi, e sostituire alla cronaca dei fatti le opinioni degli amici, come in una grande festa di compleanno. "L' omelia non contemplava la dissonanza", commenterà Aldo Grasso dalle pagine del "Corriere" due giorni dopo la trasmissione, aggiungendo che "ogni discorso sulla tv è in mano ai televisivi. Se la suonano e se la cantano. Negli Usa o in UK esiste una massa di letteratura critica sulla tv scritta da persone che non hanno mai messo piede in uno studio televisivo. In Italia [...] la faccia tosta di chi fa tv è sorprendente. Alcune delle persone intervistate in privato dicono cose imbarazzanti nei suoi confronti ma interpellate davanti a una telecamera si profondono in lodi".

Minoli esordisce all'inizio del programma descrivendo un uomo che "è stato travolto dallo scandalo P2 ma ne è uscito più forte di prima... una carriera insuperabile per quantità e diversità... un lavoratore instancabile che scrive su quotidiani e settimanali, direttore artistico di festival e di teatri... chi è davvero Maurizio Costanzo?" Una domanda a cui il servizio pubblico televisivo fornisce una risposta parziale, al punto da rendere necessario un piccolo ripasso delle puntate precedenti per compensare ai vuoti di memoria dell'informazione Rai.

Ma torniamo per un momento su questo servizio pubblico ad uso privato: per spiegare agli italiani chi è Costanzo secondo i suoi amici, Minoli alterna immagini di repertorio a testimonianze di personaggi come Massimo D'Alema, Gad Lerner, Enrico Mentana, Gianni Boncompagni, Enrico Vaime, Fedele Confalonieri e perfino Giulio Andreotti. Il tenore degli interventi oscilla dal celebrativo all'assolutorio. L'avvocato/socio di Costanzo Giorgio Assumma trasfigura la scoperta dell'affiliazione alla P2 del Maurizio nazionale al punto da farla diventare una "crisi di abbattimento e di solitudine". Confalonieri spiega che "tutti quelli che avevano partecipato alla P2 o che erano iscritti alla P2 sono stati più o meno travolti, mentre Maurizio Costanzo ha avuto una sorta di salvacondotto, diciamo che è stato abile". E se lo dice lui, che di abili piduisti col salvacondotto che fanno carriera ne conosce più d'uno, c'è da credergli.

D'Alema giustifica il berlusconismo di Costanzo, sostenendo che data la posizione dominante del Cavaliere nel settore dell'informazione, "è difficile che qualcuno non abbia avuto uno stipendio da Berlusconi". E ascoltandolo parlare si capisce finalmente come mai D'Alema e i DS si sono serviti a più riprese delle prestazioni professionali del costosissimo consulente Costanzo: l'obiettivo era salvarlo dal monopolio berlusconiano e da questo mondo cattivo che per non morire di fame ti obbliga a prendere stipendi da Mediaset anche quando insegni Scienze della Comunicazione alla Sapienza, sei direttore artistico di numerosi festival e teatri nazionali, e scrivi editoriali su prestigiosi quotidiani e riviste che non appartengono a Berlusconi.

La De Filippi prova a scrollarsi di dosso il marchio di raccomandata che la perseguita da sempre, raccontando di non essere stata l'unica "costanzina" guidata verso il successo dai baffi di Maurizio o da qualche altro tipo di pelo, e spiega che "c'erano anche altre persone che erano state legate a Maurizio sentimentalmente, che erano andate in televisione prodotte dalla sua società, quindi io non è che arrivavo [sic] come una grossa novità, anzi ero forse la terza, e la terza che andava in televisione". Come a dire che la sua non è stata una scalata al successo, ma un doveroso rispetto delle tradizioni di famiglia, che obbligano alle luci della ribalta anche chi dice "arrivavo" quando dovrebbe dire arrivassi. Maria, stai attenta agli strafalcioni grammaticali: c'è chi è stato mollato per molto meno. Lo racconta Umberto Piancatelli, nel libro "Costanzo, cosa c'è dietro i baffi", in cui ricorda una giovane infermiera di Pordenone mollata su due piedi da Costanzo per aver prodotto un infelice "introvisto" dalla storpiatura del verbo intravedere.

Un'illustrazione di Andrea Pazienza tratta dal libro "Pertini"

Ma questi dettagli sono troppo volgari per Minoli, il quale si limita a raccontare con rispettoso pudore che nel marzo dell'81 "il suo nome [di Costanzo] viene trovato negli elenchi della loggia P2 di Licio Gelli", spostando il discorso sul "nome ritrovato" per evitare il più imbarazzante ma più veritiero "viene scoperta l'iscrizione segreta di Costanzo alla loggia segreta e illegale propaganda due di Licio Gelli". Gianni Boncompagni minimizza questo episodio derubricandolo alla voce "così fan tutti": "ha avuto come tutti gli altri il suo episodio P2 - racconta ridendo Boncompagni - ma ormai chi non ha avuto quell'episodio non conta niente, no?" e giù a raccontare di sfigati che millantavano la loro appartenenza alla P2 per dimostrare di essere nei giri che contano.

L'unico sassolino che Minoli si toglie dalla scarpa è la riproposizione di un "faccia a faccia" del programma Mixer, dove alla fine di maggio del 1981 Costanzo nega per l'ennesima volta davanti a Minoli l'evidenza della sua appartenenza alla loggia P2. Oggi Minoli ha fatto fare a Costanzo la figura del bugiardo recuperando dalla soffitta quel video ("in quell'elenco ero iscritto d'ufficio"), ma 17 anni fa fu gabbato al punto di spacciare inconsapevolmente menzogne nel suo programma, con l'ulteriore umiliazione di vedersi soffiare lo scoop da Giampaolo Pansa solo qualche settimana più tardi.

Nel giugno '81, infatti, Costanzo contatta Pansa per fare outing e proclamare dagli studi dell'emittente privata romana "Uomo Tv" la sua "cretineria" nell'affiliarsi alla P2, descritta come "un gruppo di farabutti, ma anche di inconsapevoli e cretini. Cretini come me. Sì, questa è un'ammissione di cretinismo. E voglio dirlo ai telespettatori: ho fatto uno sbaglio, da vero cretino". Ma noi che non siamo per gli insulti gratuiti, neppure se autoinflitti, preferiamo pensare che nei suoi rapporti con la loggia di Gelli Costanzo sia stato molto meno cretino e molto più scaltro di quanto lui stesso non ammetta.

Illustrazione di Mauro Biani

Resta un interrogativo: perché Pansa e non Minoli? Lo spiega lo stesso Costanzo nel suo libro "Smemorie", quando racconta che "avevo accettato [l'intervista a Mixer] coltivando l'ipotesi [...] di dire la verità. [...] Mi recai, un lunedì mattina, negli studi della Rai con animo incline alla confessione. I contatti preliminari con Minoli [...] non furono dei più felici. Leggevo nel suo sguardo il sottile piacere d'aver lui il privilegio di intervistare e di mettere in difficoltà chi, per anni, aveva fatto e con successo lo stesso mestiere. [...] Già alle prime domande mi convinsi che, per così dire, non gli avrei dato questa soddisfazione [...] Rispondere lo ritengo un obbligo, dire la verità è un optional". Un uomo tutto d'un pezzo, che pur di non rosicare dandola vinta a un collega è pronto a mentire senza battere ciglio di fronte a milioni di persone.

Nella sucessiva intervista a Pansa, Costanzo prende le distanze sia da Gelli che dall'editore piduista Angelo Rizzoli, e quest'ultimo darà la sua sdegnata versione dei fatti durante la deposizione davanti alla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla P2.

"Posso dire che il giornalista Costanzo Maurizio - dice Rizzoli - entrò nel gruppo Rizzoli su precisa raccomandazione e segnalazione di Licio Gelli, il quale era in stretti rapporti con il predetto e alla cui carriera mostrava di tenere particolarmente. Il Costanzo era un vero e proprio superprotetto del Gelli, [il quale Gelli] non faceva alcun mistero di ciò e aveva per lui una grande simpatia. Fu così che il Costanzo divenne dapprima il direttore della 'Domenica del Corrierè, poi dei servizi giomalistici della Tv privata della Rizzoli, poi ancora del quotidiano 'L' Occhiò. Devo dire, perché è una verià che ancor oggi mi pressa, che mi colpì particolarmente in senso negativo una affermazione che il Costanzo fece in una intervista dopo lo scoppio delle vicende della P2. A domanda dell'intervistatore rispose che, ove avesse potuto rivolgermi una domanda, mi avrebbe chiesto perché mai mi ero legato a Gelli. L'affermazione mi suonò di una falsità inaudita, posto che se in Italia vi era un uomo particolarmente legato a Gelli, questi era proprio il menzionato Costanzo".

Questa agiografia Rai di un personaggio Mediaset coinvolge anche Silvio Berlusconi, che partecipa alla festa del compagno di loggia Costanzo con un videomessaggio in cui si rivolge in prima persona all'anchorman coi baffi: "non è un caso - dice Berlusconi - che la tua biografia su Wikipedia [pronunciata "Uaikipidia" dal premier, ndr] gareggi in ampiezza con quella di Dan Rather e superi per cose realizzate quella di politici di carriera come D'Alema, come Rutelli, per i quali hai sempre dichiarato di avere un debole, e di votare, pur essendo mio amico. Ma come sai, in politica non sono geloso e non lo sarò mai, perché noi uomini della libertà siamo fatti così". Insomma, gli uomini della libertà guardano più alla lunghezza della biografia che al suo contenuto: in fondo ognuno è libero di avere il passato che vuole, vero Cavaliere?

Copertina del libro "Maurizio Costanzo Shock", di Riccardo Bocca

Riccardo Bocca, autore del libro-inchiesta "Maurizio Costanzo Shock" pubblicato da Kaos edizioni nel '96, viene tirato in ballo dalla redazione di Minoli solo per fargli dire che Costanzo, bontà sua, non lo ha querelato per evitare di fare pubblicità gratuita al suo libro, e l'elogio di Costanzo prosegue come se niente fosse senza mai scendere nel merito dei fatti riportati da Bocca. Quel libro, letto anni or sono e perso per strada in uno dei miei mille traslochi, è riemerso dall'oblio grazie a Internet, dove l'ho cercato e trovato per colmare l'insaziabile sete di informazioni che mi ha lasciato in bocca il programma di Minoli. E si conferma che la memoria tende a rimuovere i ricordi più amari e sgradevoli.

Pur avendolo già letto, infatti, non ricordavo le consulenze strapagate di Costanzo per l'Alfa Romeo, all'epoca azienda pubblica di proprietà dell'"Istituto Ricostruzione Industriale" guidato da Romano Prodi, che i giorni pari pagava Costanzo cifre da capogiro e quelli dispari spediva migliaia di operai in cassa integrazione. O gli altri soldi pubblici, stavolta versati dalla Stet, ricevuti da Costanzo assieme allo stesso Minoli (in flagrante conflitto di interessi per questa ricostruzione storica) e al direttore di Canale 5 Giorgio Gori, il tutto a titolo di consulenza per il lancio di "Videomagic" un servizio-flop di televisione interattiva sperimentale partito con mille utenti tra Roma e Milano e successivamente naufragato. Così sono bravo anch'io a diventare un big della cultura e dell'informazione: datemi un pozzo senza fondo di soldi dei contribuenti e vi solleverò il mondo.

Non ricordavo le patenti di integrità rilasciate da Costanzo sul palco del Parioli, quando raccontava all'opinione pubblica che "De Lorenzo [Francesco, ndr] è una persona per bene... E' diventato ministro della Sanità perché vuole occuparsi degli interessi della gente, tutelarne la salute". Un incompreso perseguitato dalla magistratura bolscevica al punto di beccarsi una condanna definitiva a 5 anni, 4 mesi e 10 giorni di reclusione con l'accusa di associazione per delinquere e corruzione. Un giro pari a circa 9 miliardi di tangenti che, secondo la Procura, gli industriali farmaceutici versarono fra l'89 e il '92 per ottenere vantaggi nella revisione dei prezzi dei loro prodotti.

Avevo dimenticato il rifiuto dell'Associazione dei Familiari delle vittime della strage di Piazza Fontana, che nel settembre 1985 ha respinto l'invito a partecipare alla trasmissione di Canale 5 "Buona Domenica" affermando che "non abbiamo ritenuto di dover discutere di quella strage orrenda con il signor Maurizio Costanzo, membro di quella Loggia P2 che dallo stesso Parlamento viene indicata come il centro occulto che svolse opera di istigazione agli attentati che hanno insanguinato il Paese e che può ritenersi in termini storico-politici gravemente coinvolta anche nella stessa strage di Piazza Fontana a Milano, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale". Ma anche questa non è storia, per la Rai, che non si occupa di queste banali polemiche da bar.

Non ricordavo neppure le parole di fuoco di Nanni Moretti riportate nel libro di Bocca, che avrebbero potuto essere inserite a pieno titolo nel programma di Minoli come documento storico: "Fa impressione che uno come il piduista Costanzo sia diventato un punto di riferimento della Sinistra, il simbolo della lotta contro la mafia. E' evidente che lui sta recitando, è così evidente... Come fanno a non accorgersene? Costanzo è diventato un intoccabile. Lui assegna i ruoli, decide il gioco, può fare domande di qualsiasi tipo, e tutti stanno lì e rispondono. Non possono fare domande, gli altri, sul suo passato, niente. L'importante è che lui non venga giudicato".

Ma a sorpresa, verso il finale del programma, qualcosa di profondamente vero sfugge al controllo della redazione di Minoli, e il "giudizio impossibile" di cui parlava Moretti arriva dalla viva voce di Massimo D'Alema, al quale scappa detto che "l'impressione è che sia Vespa e Costanzo ormai appartengano ad una stagione che si va concludendo, forse bisogna trovare nuovi protagonisti". Largo ai giovani come D'Alema, viva il nuovo che avanza, viva Costanzo, viva la P2, viva il potere e chi lo celebra. E ancora una volta, la storia sono loro.

Allegati

  • Riccardo Bocca - Fonte: http://www.altrestorie.net/download.php?view.1255
    Affari, potere alcova: i retroscena del telegiornalista piu' famoso d'Italia.
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