La Spagna e i pirati
Chi l'ha detto che i motori di ricerca dei file condivisi sono illegali? Il tribunale di Bergamo ci ha provato ad agosto, oscurando ai navigatori italiani il sito "Pirate Bay" che a dispetto del suo nome altisonante non ospitava nemmeno un documento, limitandosi a segnalare quelli condivisi dagli utenti sui loro computer. Anche Google lo fa, e permette di accedere a contenuti che singoli individui mettono a disposizione sulle reti di scambio file, ma non per questo e' stato oscurato. In Spagna, infatti, si respira un'aria diversa, e i sostenitori del diritto a scambiare cultura senza scopo di lucro hanno celebrato la disfatta della "Federación Antipiratería", la lobby del multimedia che aveva denunciato le attivita' di Sharemule, un altro servizio di indicizzazione dei contenuti messi a disposizione dagli utenti. L'arresto di 15 persone collegate all'attivita' di questo motore di ricerca si e' concluso in un nulla di fatto, e il tribunale provinciale di Madrid ha confermato il verdetto di assoluzione. Sono servite a poco le durissime reazioni da parte delle aziende rappresentate dall'accusa. Piaccia o non piaccia, Sharemule e' un servizio che opera in modo perfettamente legittimo nel quadro legislativo spagnoloLa sentenza esprime un orientamento consolidato tra gli esperti di informatica e diritto. E' ormai assodata la convinzione che un servizio di ricerca non equivale ad un servizio di scaricamento dei file, e che i motori di ricerca che catalogano file condivisi in rete dovrebbero essere tutelati cosi' come si tutela il servizio postale anche se qualcuno usa le poste per spedire pacchi-bomba, ammesso e non concesso che la condivisione di arte e cultura, bollata come "pirateria" da interessi commerciali, possa essere paragonata a un attentato dinamitardo.Da noi l'associazione "Scambio Etico" ha gridato nel deserto con una lettera aperta al ministro Bondi : "non fa bene a nessuno sostenere che la condivisione senza scopo di lucro sia un furto". La caccia alle streghe, infatti, danneggia anche l'industria dell'intrattenimento, costretta a spendere cifre da capogiro per una caccia alle streghe sempre piu' inefficace che non da' spazio a nuovi modelli commerciali ed e' incapace di contrastare la disobbedienza civile di massa di chi condivide cultura in rete.
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