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Gubi visto da Flaviano

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Questo sito e' un contenitore di materiale vario senza nessuna organizzazione logica. L'artigiano di questa fabbrica di parole e' Carlo Gubitosa: scrittore compulsivo, sedicente ingegnere, appassionato di cause perse e tecnofilo cronico.

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La mia terra la difendo

La mia terra la difendo
Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita

La mia terra la difendo

La rabbia e la speranza di un ragazzo che amava la sua terra. La storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato "il pregiudicato Sgarbi" con una telecamera, due amici e un pacco di volantini.
Carlo Gubitosa

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Guerra, razzismo, P2 e marchette: un atto d’accusa ai giornalisti VIP

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Se siete a caccia di pennivendoli famosi con le mani sporche di guerra, marchette, p2 e razzismo anziche' di inchiostro, questo e' il libro che fa per voi. Il consiglio e' disinteressato: io non ci guadagno niente sul venduto perche' mi pagano a forfait, lo dico per quelli che hanno problemi di schiena a tenere in mano un pesante tomo di Travaglio e vogliono qualcosa di piu' agile da leggere in bagno.
12 febbraio 2011 - Carlo Gubitosa

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La cantina di Ennio e la Taranto degli anni '80

18 settembre 2008

Matt Groening e' stato in vacanza a Taranto a meta' degli anni '80. Non si spiega altrimenti come mai la "taverna di Moe" resa famosa dai cartoni dei Simpson e' una riproduzione fedelissima della "Cantina di 'Mba Ennio" che ha animato innumerevoli serate con gli amici della mia adolescenza. Ricordo perfettamente la boccia di vetro con le uova sode, la "buatta" con le sardine sotto sale, le olive e tutti gli altri stuzzichini anti-cirrosi con cui gli adulti si intrattenevano tra un bicchiere di rosso e l'altro. Noi no, andavamo da Ennio e da suo fratello (di cui non ho mai ricordato e forse mai saputo il nome) per comprare un pacchetto di patatine e una bottiglia di fanta che poi avremmo bevuto a casa di qualcuno, o sul lungomare, o in Piazza Ebalia sulle panchine davanti alla Banca d'Italia, fino a quando qualche solerte operatore di polizia ci invitava a sloggiare senza ben capire la differenza tra una Fanta e una Molotov. Non c'erano locali per ragazzi all'epoca, e l'apertura della paninoteca "Starlike" in via di Palma fu un evento eccezionale. Chi aveva abbastanza soldi e mezzi di trasporto propri affollava le discoteche "in" della litoranea, ma noi, ancora "under 18" dovevamo inventarci le serate dal nulla, e la paninoteca costava troppo. Le patatine e le bibite a buon mercato della cantina 'mba Ennio, le vasche in via D'Aquino, le partite con il commodore 64 e le riunioni del gruppo scout erano le nostre forme privilegiate di socializzazione. Quel locale scarno di via Mazzini, tra via Acclavio e via Berardi, era un salone quadrato dove le botti di vino facevano bella mostra di se' nella parete frontale, e sulla destra c'era la vetrinetta con gli improbabili stuzzichini gia' menzionati. Uno dei fratelli era addetto alla mescita, l'altro alla "gastronomia". I ragazzi venivano mandati li' dai genitori a riempire bidoncini di vino da tavola, oppure si affacciavano fugacemente su questo mondo da adulti sbevazzoni per il tempo strettamente necessario a prendere un pacchetto di patatine, una bibita o una bottiglia di spuma, questo nettare scuro in bottiglia di vetro che avrebbe potuto fare la fortuna dell'Italia cosi' come la Coca-Cola ha fatto quella dell'america. La leggenda urbana che non ci siamo mai presi la briga di verificare e che abbiamo passato di bocca in bocca tra di noi vuole che la spuma in origine fosse la schiuma di fermentazione del mosto, che diventava una bevanda analcolica dopo essere stata rimossa dai tini. Il fatto che ora ci ritrovassimo tra le mani una bibita gassata e zuccherina che sapeva di tutto tranne che di uva era attribuito all'industrializzazione che aveva allontanato i prodotti dalla loro natura originaria. Il mio palato era deliziato da questa prelibatezza frizzante prodotta da un magico equilibrio di ingredienti, che la collocava nel perfetto baricentro di gusto tra la coca-cola, il chinotto e l'amarena, e cosi' le nostre serate passavano tranquille, chiacchierando della nostra vita, dei nostri sogni e delle "femmine" con la bocca piena di patatine e il corpo pieno di ormoni non ancora valorizzati dall'altro sesso. Di cantina a Taranto ce n'era anche un'altra, in via Giovinazzi tra via Anfiteatro e via Principe Amedeo. E' li' che compravo assieme a mia madre e mia zia la coca-cola nel vetro che aveva tutto un'altro sapore, forse anche perche' nella mia incoscienza e semplicita' infantile non era ancora associata alla violenza economica delle multinazionali. Accanto alla cantina c'era la panetteria, e ancora oggi il profumo di quel pane e il suono delle bottiglie di "vuoti a rendere" fa parte dei miei ricordi piu' vivi. Altro che riciclaggio e raccolta differenziata. Il vuoto a rendere era il trionfo del riutilizzo, uno dei tanti brandelli di civilta' che abbiamo smarrito per strada. Dopo la morte di uno dei due fratelli e la successiva chiusura della cantina, tutti noi abbiamo chiaramente percepito la fine di un'epoca a livello cittadino e della nostra giovinezza a livello personale. Non so se tutto questo andra' perso nel tempo come le lacrime nella pioggia o come gocce di spuma in un mare di coca, ma so per certo che le relazioni frugali favorite dalle cantine sociali hanno cambiato in meglio la mia vita, e oggi riesco a godermi una serata in casa con mia moglie mangiando pane e pomodoro, con la stessa allegra semplicita' con cui ho divorato tonnellate di patatine e fanta con gli amici durante i miei giorni spensierati di ragazzo.

PS Se per una fortuita coincidenza qualcuno ha delle foto digitali della cantina di 'Mba Ennio, le mandi al piu' presto al mio indirizzo di posta elettronica.

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